Benvenuti sul blog del Gruppo Albatros! Oggi abbiamo il piacere di intervistare Angelo Bonanno, autore di “Anima Blues – Poesie e Canzoni”. Il suo libro è un viaggio nell’essenza del blues, non solo come genere musicale, ma come esperienza poetica e catartica, in grado di elevare e liberare l’animo umano dalle sue angosce. Angelo Bonanno ci guida nell’esplorazione di una realtà artistica che ha travalicato i confini della musica per farsi strada nella poesia, pervasa da quel “feeling blue” che da sempre contraddistingue il blues. Le sue poesie, frutto di due anni di lavoro, sono intrise di simbolismo e tecniche ermetiche, e toccano le corde più intime del lettore. Scopriamo insieme le riflessioni dell’autore su questa fusione unica tra musica e poesia.
Angelo, “Anima Blues” ci fa vivere il blues in modo inedito, come forma poetica. Come è nato questo progetto e qual è stata l’ispirazione iniziale per fondere il blues con la poesia?
Grazie per questa opportunità di condividere con voi e i lettori la mia passione. Benché io sia prima poeta a solo dopo songwriter, il progetto Anima Blues nasce proprio dalla passione per questo genere musicale, dall’analisi dei suoi testi e dallo studio delle storie dei grandi bluesman della storia, che hanno espresso attraverso note e parole le loro sofferenze, le loro espiazioni e la loro speranza. Questa costante indagine mi ha fatto scoprire come nella musica blues sia insita una fortissima componente poetica; infatti, credo che questa mia opera non sia del tutto un modo inedito di fare poesia, in quanto abbiamo tantissimi esempi di artisti che hanno fuso sapientemente la lirica con la musica, e nel blues e nel panorama musicale in generale, uno su tutti, guarda caso, il Premio Nobel Bob Dylan. È vero, però, che in Anima Blues, ho cercato di sviscerare i temi tipici del blues, utilizzando un linguaggio che, per la maggior parte delle liriche, è precipuamente vicino al componimento lirico anziché al gergo tipico delle canzoni blues, per cui si potrebbe dire che ho provato a “reinventare” una vera e propria poesia blues, che probabilmente non viene più prodotta dagli anni ’60, quando vi fu l’apice nello stile della beat generation.
Il blues è per molti una forma di catarsi, un modo per esternare dolore e malinconia. Qual è la tua esperienza personale con questo genere musicale? Come l’hai tradotta nelle tue poesie?
La mia esperienza con il blues parte dall’ascolto dei classici, che avveniva già da ragazzo grazie ai vinili che avevo in casa perché collezionati dai miei fratelli, attualmente amo portare avanti questa sorta di collezione di Lp e mi piace dilettarmi cantando in una blues band e suonando l’armonica. Mi risulta assolutamente importante addentrarmi nel vivo della musica blues con un approccio diretto, mi permette di comprendere vari elementi che conciliano l’aspetto sentimentale con quello musicale e dunque poetico. I giri musicali, le tonalità, i suoni, la metrica, ecc. sono tutti fattori imprescindibili che, nella loro specificità, insieme danno vita ad un genere unico e lo caratterizzano, nel blues musica e testo si fondono fino a diventare un pattern fisso che si ripete e si riconosce, e tutto ciò aiuta l’artista ad esprimere la propria malinconia, la sofferenza vissuta, la volontà di riscattarsi, quindi, si, il blues diventa una catarsi per esorcizzare il dolore e tendere al sollievo, alla liberazione dalla sofferenza condividendo con gli altri. Ed ecco che tutto ciò diventa poesia, la bellezza della poesia è che essa permette di conciliare i due opposti – solitudine e condivisione. Partecipare al magma del dolore universale ma con individualità, e riproporne una condivisione onirica, il poeta affronta la propria incessante inquietudine che magari è quella degli uomini tutti. Quasimodo, infatti, diceva <<La poesia è la rivelazione di un sentimento che il poeta crede che sia personale e interiore, che il lettore riconosce come proprio>>. Così mi è venuto, direi, facile introdurre il mood blues nella mia scrittura poetica.
Le tue liriche seguono il verso libero e si avvalgono di un linguaggio simbolico con richiami all’ermetismo. Quali poeti o artisti ti hanno maggiormente influenzato in questo percorso?
A me piace moltissimo il verso libero, a discapito di un più classico schema metrico e soprattutto di rime, perché mi permette massimamente di individuare un mio respiro ritmico che dipinge lo status emotivo del momento o comunque di raccontarlo meglio. A volte, una lirica, può apparire mancante di sintassi, di logicità, ma non è così, si tratta di una modalità espressiva che vuole rivelare una condizione emozionale ben precisa. A questo abbino spesso un linguaggio simbolico, perché lo considero più “sistemico”, più vicino alla natura umana, in quanto le nostre azioni, il nostro vissuto, sono un continuum di fatti in cui l’uomo e il mondo sono un unico insieme. È comprensibile che si tratta di una strategia narrativa rischiosa, azzardata, a volte “arrogante”, ma è quella che preferisco perché, almeno attualmente, è quella che mi rappresenta meglio. Per tentare di fare tutto questo prendo inevitabilmente spunto da molto poeti e musicisti, italiani e stranieri, direi che, logicamente, la poetica decadente tutta e quella del Delta blues è quanto mi influenza nel profondo e mi ha aiutato nella realizzazione di questo tomo, amo poeti e artisti come Leopardi, Montale, Baudelaire, Morrison, Dixon, Williamson… insomma non mi limito. È logico avere delle preferenze sulla base delle proprie attitudini e vibrazioni interiori, ma credo che ogni artista, in senso lato, abbia da offrire spunti importanti, per cui è importante avere il più possibile una mente aperta.
Secondo te, in che modo la poesia e la musica riescono ad evocare emozioni senza bisogno di intermediari? Cosa rimane impresso nel lettore di una poesia così evocativa come le tue?
La poesia e la musica sono simili, come detto prima, esse raccontano il vissuto, l’emozione di un bacio, il dolore di una separazione, il sentimento di un evento, per cui già solo questo basta per far comprendere quanto siano forme espressive dirette, che arrivano subito al petto di chi legge o ascolta. Esse hanno dalla loro, rispetto ad altre forme d’arte (ma forse non è così), l’aspetto accomunante dell’andamento sonoro che viene dato dalle parole o dalle note, quell’armonia unica che avvolge l’individuo nella totalità dei sensi. Poesia e musica sono, come spiego nella prefazione di Anima Blues, intermediarie di sé stesse, non necessitano di altro, vanno dirette alla mente e al cuore, del resto è così che ci può essere poesia nel blues e blues nella poesia. Non saprei se le mie liriche restano di solito impresse nel lettore, qualche feedback di questo tipo l’ho avuto, ad ogni modo penso che il lettore apprezzi di certo la genuinità dei testi, intesa come capacità di raccontare realtà che appartengono alla vita di tutti noi.
“Anima Blues” racchiude anni di lavoro intenso. Come hai vissuto questo processo creativo? C’è una poesia o un testo a cui sei particolarmente legato e perché?
Anima Blues è “ufficialmente” il frutto di due anni di produzione, ma in verità le poesie, più che i testi delle canzoni, sono il risultato di maturazioni avvenute in un tempo molto più lungo, in quanto legate ad esperienze molto spesso personali che ho dovuto, appunto, esorcizzare per riuscire poi a mettere su carta, basti pensare a “Del padre vaga tristezza”. Sono comunque legato a tutti i testi, e delle poesie e delle canzoni, non ne preferisco nessuno in maniera specifica, in quanto tutti sono collegati ad un evento, un’esperienza, un’emozione, che ha suscitato in me la possibilità di scrivere. Potrei eventualmente, a chiosa di questa bellissima intervista, raccontare della poesia che ho desiderato inserire nella silloge dedicata a Jim Morrison, artista che amo moltissimo, poeta blues in senso stretto che dal suo apparente atteggiamento istrionico ha tentato di esorcizzare la propria interiorità lanciando anche talune riflessioni non esclusivamente individuali, creando una forma espressiva unica che univa cabaret, poesia e rock’n’roll. Questa lirica è nata dalla fortissima emozione che provai la prima volta che visitai la sua tomba al Pere Lachaise di Parigi, un venticello fresco mischiato ad una sottile pioggerellina mi avvolgeva in una morsa emotiva, e mentre appoggiavo un fiore accanto al suo epitaffio, che spesso viene tradotto come “Fedele ai suoi demoni”, già affiorava la prima forma di quanto volessi dirgli e che poi ho riportato in Anima Blues. Un’esperienza unica e profonda che non dimenticherò mai. Grazie moltissimo.
Grazie mille, Angelo, per averci accompagnato in questo percorso tra blues e poesia. “Anima Blues – Poesie e Canzoni” non è solo un libro, ma un viaggio profondo che ricorda quanto l’arte possa essere specchio delle nostre emozioni più intime. Invitiamo i nostri lettori a lasciarsi trasportare dalla musica e dalle parole di Angelo Bonanno, riscoprendo il potere catartico del blues e della poesia.
