Benvenuti lettori del blog del Gruppo Albatros. Oggi siamo felici di accogliere Gabriele Corradi, autore del libro “Dimostrazione che Dio esiste e altre considerazioni”. In quest’opera, Gabriele Corradi ci guida attraverso un viaggio di profonda riflessione e intense emozioni, conducendoci verso una disamina di tematiche intriganti e sorprendentemente interconnesse. Il suo libro esplora la stretta correlazione tra “il tutto” e l’esistenza stessa, esaminando come questo possa condurci alla considerazione dell’esistenza di Dio. Attraverso una meditazione profonda e uno spirito di osservazione acuto, analizza anche concetti come la trasformazione nella legge di conservazione, la dualità tra vita e morte, il significato dell’agire in relazione alle azioni di merito o demerito, e persino la complessa questione del procreare come atto che implica anche la morte. Questi temi, pur appartenendo al campo della filosofia e della spiritualità, sono affrontati nel libro con una chiarezza e una logica che rendono accessibili anche ai lettori non esperti. Tuttavia, le sue argomentazioni non mancano di stimolare una profonda riflessione e di offrire spunti di dibattito su questioni antiche e sempre attuali. Con queste premesse, siamo ansiosi di immergerci nell’universo di pensiero di Gabriele Corradi e di scoprire ulteriori dettagli sulle sue idee e le sue motivazioni dietro questo libro così stimolante.
Partendo dall’inizio, potrebbe raccontarci quale sia stata l’ispirazione dietro il suo libro “Dimostrazione che Dio esiste e altre considerazioni”?
Il libro è una raccolta di riflessioni “illuminanti” che ho avuto nel corso degli anni a partire da quand’ero adolescente. Materialmente, nasce dalla necessità personale di porre tali riflessioni dettagliatamente per iscritto, onde evitare di perderne alcuni aspetti o passaggi come già successo più volte in passato, quando le accantonavo per un po’. Se invece si parla dell’ispirazione dietro alle riflessioni stesse, sono tutte incentrate sulle “domande esistenziali” che ogni persona poco o tanto si pone nella vita, nel tentativo (direi riuscito) di trovare delle risposte sensate in grado di risolvere le contraddizioni esistenti in quelle attuali.
Nei suoi scritti, affronta argomenti molto complessi come la correlazione tra l’esistenza e “il tutto”, e il concetto di vita e morte come fenomeni interconnessi. Qual è il messaggio principale che spera i lettori possano trarre da queste riflessioni?
Più che di un messaggio parlerei di un effetto che mi piacerebbe ottenere nel lettore (o nella lettrice): l’abbandono di certe convinzioni odierne tanto consolidate e fondanti quanto poco sensate (con riferimento a tematiche come il desiderio di vivere, il successo, la felicità, il merito e la colpa, ecc…). In effetti, uno dei messaggi chiave del libro è proprio quello di vivere senza convinzioni; dopotutto, ogni convinzione è per sua natura potenzialmente errata e quindi inaffidabile.
Uno dei concetti intriganti che emerge nel suo libro è la considerazione del procreare come atto che implica anche la morte. Potrebbe approfondire questa idea e spiegarci come si connette al tema più ampio dell’esistenza di Dio?
Il libro è strutturato in modo tale che ogni capitolo affronta un argomento specifico e per certi versi a sé stante, ma concorre nel complesso a creare un quadro generale completo, coerente e interconnesso; le connessioni tra i capitoli sono dovute al fatto che gli argomenti precedenti gettano anche le basi per la trattazione di quelli successivi. L’ultimo capitolo (“Uccidere e procreare”) affronta in modo razionale il tema della procreazione da un punto di vista etico e morale, indagando le ragioni dell’antinatalismo in contrapposizione a quelle del natalismo. Quanto citato nella domanda fa riferimento al paragrafo introduttivo di questa sezione, che riporto di seguito: “Analogamente alla concezione di vivere e morire come opposti, vivere positivo e morire negativo, si tende a considerare sbagliato e terribile uccidere e giusto e virtuoso procreare. Tuttavia, procreare è costringere a vivere e quindi a morire, pertanto equivale a uccidere; peraltro, è da notare che uccidere in modi diversi da procreare è in realtà solo fornire il modo in cui la vittima muore, dal momento che questa morirebbe comunque in un modo o in un altro per il fatto di essere in vita, cioè a causa (pur senza colpa) dei genitori, che appaiono pertanto essere gli unici veri assassini (o se non altro i più autentici). È quindi evidente che, qualora uccidere fosse vile e sbagliato, anche procreare dovrebbe esserlo di conseguenza, o se davvero procreare fosse giusto e virtuoso, così dovrebbe poter essere anche uccidere (e così dicasi per una serie di altre caratteristiche associabili a uccidere o a procreare). […]” Il primo capitolo, “Dimostrazione che Dio esiste”, si connette all’ultimo indirettamente attraverso il capitolo quattro; una spiegazione dettagliata al riguardo richiederebbe molto tempo, ma posso dire che, in generale, il primo capitolo concorre (insieme al secondo) a creare il “contesto” in cui sono “ambientati” e si sviluppano tutti gli altri capitoli. D’altra parte, il capitolo finale, contenente richiami a tutti i precedenti, funge da elemento di unione tra di essi e, in virtù di questo, per certi versi si configura come meta inaspettata dell’opera. Potrà sembrare strano vedere affiancata l’esistenza di Dio all’antinatalismo, almeno in un’ottica dottrinale, ma ciò si spiega col fatto che il libro non è sostenitore a priori di alcuna dottrina, bensì vuole analizzare le cose alla luce del solo buonsenso. Saltuariamente, il testo evidenzia delle analogie tra il suo contenuto e alcuni passi biblici, ma come spero si capirà leggendo, tali citazioni non hanno l’intento di sostenere una veridicità della Bibbia.
Nella sua opera, sembra sottolineare l’importanza della deduzione logica e del buonsenso. Come ritiene che questi strumenti possano contribuire alla comprensione di temi così complessi e astratti?
Credo che elementi come la logica e il buonsenso siano per definizione alla base della comprensione, a prescindere dal grado di complessità e di astrazione di un tema. Questi elementi permettono un’osservazione oggettiva e di conseguenza l’ottenimento di risposte oggettive, e il loro contributo appare quindi particolarmente importante nell’interpretazione di certe questioni profonde, in cui spesso prevale una componente molto soggettiva.
Infine, vorremmo sapere se ha intenzione di esplorare ulteriormente questi argomenti in futuri progetti letterari, e se sì, quali potrebbero essere le sue prossime aree di ricerca e riflessione?
Al momento ho l’impressione di aver esaurito quello che mi premeva dire; tuttavia, non escludo la possibilità di progetti futuri qualora si presentassero nuove idee valide, ora però difficili da definire.
Concludiamo questa stimolante conversazione ringraziando Gabriele Corradi per aver condiviso con noi il suo tempo e le sue profonde riflessioni. Il suo libro, “Dimostrazione che Dio esiste e altre considerazioni”, ci ha fornito non solo un’opportunità per esplorare argomenti complessi, ma anche per riflettere su questioni fondamentali riguardanti l’esistenza e il significato della vita stessa. Ci auguriamo che i nostri lettori abbiano trovato questa intervista altrettanto illuminante e stimolante come noi. Continuate a seguirci per ulteriori conversazioni ed esplorazioni su argomenti che solleticano mente e spirito. Grazie ancora a Gabriele Corradi per la sua preziosa partecipazione e per averci offerto tanto da riflettere.
