Benvenuti al blog del Gruppo Albatros! Oggi siamo felici di accogliere Nicola Stolfi, autore del coinvolgente romanzo “Cornelia”. Attraverso le pagine di questo libro, Nicola Stolfi ci introduce a una figura affascinante, capace di incarnare molteplici vite in una sola, una donna che ha saputo affrontare le sfide della vita con coraggio e resilienza. Cornelia, con il suo spirito indomito, ci porta in un viaggio emozionante tra le bellezze dell’Italia, le atmosfere incantate del Medio Oriente e i drammi della storia contemporanea. Ed ora esploriamo il mondo di Cornelia attraverso gli occhi dell’autore stesso. Benvenuto, Nicola Stolfi.
Cornelia è un personaggio straordinario, capace di vivere molteplici vite in una sola. Cosa ti ha ispirato a creare un personaggio così complesso e affascinante?
Il racconto è vero: sostanzialmente non c’è stato bisogno di inventare i personaggi. Progredendo nella scrittura si sono intrecciati immagini, libere associazioni, ricordi personali di altre vite che alla fine hanno fatto emergere un’altra Cornelia forse più vicina alla realtà di quanto io la avessi conosciuta. Le origini di Cornelia rimangono misteriose o, meglio, lei stessa ne forniva diverse versioni: una volta figlia di una coppia georgiana, affidata fin da bambina a una coppia di tedeschi; un’altra figlia della stessa signora tedesca e di un artista georgiano successivamente adottata e riconosciuta dal signore tedesco. Ho incontrato Cornelia per la prima volta quando si è trasferita a Roma dove ha vissuto gli ultimi nove anni della sua vita. Cornelia era amica di mia moglie Mahvash: hanno fatto amicizia a Teheran durante la rivoluzione islamica del 1979 e hanno condiviso eventi che ormai fanno parte della storia di quel popolo. La Cornelia del libro è anche la Cornelia di Mahvash e della cerchia di amici che sono diventati i nostri amici e viceversa. Ho sentito l’impulso di fissare in uno scritto le tante storie di questa donna affascinante dai tanti volti diversi e riempire il vuoto della sua faccia che Mahvash ha evidenziato nell’acquarello della copertina del libro. Ho intervistato tanti amici comuni e ne ho riportato i racconti: in definitiva il libro è un memoire collettivo. Quello che più mi ha interessato e colpito è stata l’intensità con la quale Cornelia ha vissuto i periodi della sua esistenza dall’infanzia intorno agli anni 1950-60 in un paesino della Baviera, alla fine degli anni 60 studentessa a Firenze, agli anni 80 nell’Iran della rivoluzione islamica coronata dalla storia passionale con il leader curdo Ghassemlou assassinato a Vienna da emissari dei servizi segreti di Khomeini, fino all’ultima avventura romana. In fondo il libro può essere il ritratto di uno spaccato di una generazione che, cresciuta alla luce di ideali di riscatto politico-sociale, approda alla soglia della vecchiaia con un patrimonio di sogni, ancorché irrealizzati, che permangono e stimolano ad affrontare con serenità, non esente da ferite aperte, il tempo che rimane da vivere.
Il romanzo ci trasporta in diverse ambientazioni, dall’Italia al Medio Oriente, offrendo una panoramica ricca e variegata. Qual è stata la tua esperienza nel descrivere queste ambientazioni così diverse e coinvolgenti?
La mia esperienza è stata quella di ripercorrere le orme di Cornelia ritornando fisicamente nei luoghi da lei vissuti e amati e incontrando le persone che l’hanno frequentata. Lei aveva una capacità unica nel sapersi integrare con naturalezza in qualsiasi contesto sociale. Cornelia rimase sedotta da una motivazione personale e una sociale: fu attratta da un complesso di esotismo e erotismo dell’Iran. Trovandosi allo snodo di un confronto culturale occidente-oriente ebbe la presunzione di poter partecipare ad un progetto di integrazione tra le due culture. Quello che più l’ha irretita è stata la cultura persiana: dalla vita coraggiosa delle donne, ai siti storici dell’impero persiano, ai giardini medioevali, al misticismo orientale, all’islam, al contrasto tra la gloria del passato e il declino del presente. In proposito nell’introduzione al “Divano occidentale-orientale” Goethe scrive “L’oriente è una specie di tesoreria a cui l’occidente attinge a ogni rinverdire”. La sua ambizione fu quella di far conoscere ad un pubblico più vasto, investendo in questo progetto tempo e ingenti risorse economiche, le affinità tra Cristianesimo e Islam e soprattutto quelle tra oriente e occidente e l’adesione se non la completa dedizione alla causa del riconoscimento e riscatto del popolo curdo.
Musica, politica, cultura: il romanzo è permeato da molteplici elementi che arricchiscono la narrazione. Come hai integrato questi diversi temi nella storia di Cornelia?
E’ stato molto naturale. La cultura di Cornelia spaziava a 360 gradi: profondissima e larga. Mitica la sua raccolta di cd di musica classica e di musica leggera europea e americana; nutritissima la sua libreria tra saggi, narrativa, libri di storia, turismo, cucina di numerosissimi paesi. La sua cura vitale verso la cultura non fu scalfita neppure nel clima oscurantista che travolse la società iraniana a seguito dell’occupazione dell’ambasciata americana a Tehran. Cornelia affrontò con disinvoltura un clima oppressivo delle libertà individuali che arrivava a prevedere anche il divieto della musica e la pubblicazione di testi contrari alla legge islamica. Ogni episodio della vita di Cornelia aveva uno sfondo musicale. Memorabile quella cena che organizzò all’ambasciata italiana a Tehran con il menu, disegnato di suo pugno, associato per ogni portata ad un brano di musica barocca. In lei anche la conoscenza e la pratica della cucina di svariati paesi assumeva una profonda valenza culturale.
Cornelia si trova spesso a confrontarsi con personalità molto diverse e complesse. Qual è stato il processo di creazione dei personaggi e come hai gestito il loro sviluppo all’interno della trama?
Cornelia, oltre a amici del suo livello sociale frequentava ambasciatori, rivoluzionari di professione, piccoli artigiani. Alcuni amici hanno contribuito alla stesura del libro condividendo momenti molto intimi, altri si sono rifiutati pensando che potevano ferire la memoria di Cornelia. Il profilo dei personaggi non è da manuale di scrittura, in gran parte è come loro stessi si sono caratterizzati nel rapporto con Cornelia. Le interviste sono state esperienze di grande emotività, mi hanno offerto non solo racconti o episodi ma soprattutto l’affetto e ammirazione o uno sguardo critico che ognuno ha avuto verso Cornelia. Ogni racconto ha qualcosa di unico: Cornelia ha sempre avuto un comportamento del tutto originale anche nelle vicende più normali. C’è una foto di Cornelia del periodo fiorentino in una cerchia di giovani uomini che festeggiano la sua joie de vivre.
La storia di Cornelia è un viaggio emozionante attraverso il tempo e lo spazio. Qual è il messaggio principale che speravi di comunicare ai lettori attraverso la sua storia?
Lo stimolo originario di fondo è stato la ricerca di una risposta al quesito: fino a dove è giusto vivere la vita perseguendo ostinatamente i propri ideali e le proprie tendenze a costo di sacrificare i rapporti personali o quelli familiari? Perché è indubbio che Cornelia per raggiungere i suoi obiettivi ha compromesso dal fondo i suoi legami con le figlie. Non a caso le donne che le hanno riconosciuto il merito di aver esaltato la ricerca della propria realizzazione l’hanno amata; quelle che le hanno contestato il fatto di aver rinunciato e rinnegato il ruolo di madre l’hanno disprezzata. Il suo atteggiamento ha condizionato comunque il rapporto con le donne lasciando nessuna indifferente. Andando avanti con la scrittura quel filone si è sbiadito e ha preso evidenza la questione del senso e della profondità dell’amicizia tanto da diventare un romanzo sull’amicizia: elemento per lei vitale per superare le difficoltà della vita dando fiducia e speranza. La vera immagine di Cornelia si è andata facendo sempre più complessa tanto che quello che più si avvicina a individuarla è quello che lei dice di sé stessa in una poesia che scrisse e che uso nelle ultime pagine del libro
“Di fronte ad un famoso e grigio muro
un presidente degli Stati Uniti d’America disse
“Ich bin ein Berliner”
Non sono un presidente, non ho un paese
Non sono berlinese.
Sono curda col vestito fiorito ma spezzato in quattro
Sono persiana sotto il nero velo
Sono negra dei ghetti degli Stati Uniti e del Sud Africa
Sono ebrea dei campi di Auschwitz, Buchenvald, Dachau, Mathausen e Treblinka,
ma non d’Israele
Sono palestinese dei campi di Shatila e Tale Zafar
Sono cilena, boliviana, argentina,
sono madre, sono madre di un figlio desaparesido
sono moglie, sono moglie di tutti gli uomini combattenti
sono l’amante, sono l’amante di tutti gli uomini smarriti
sono donna, sono grembo,
sono lo spermatozoo che ha vinto tra 37.000.000 di spermatozoi
perciò sono viva, perciò sono qui
Sulle carte geografiche non ho paese
ma ho ali per giungere ovunque e vivo la speranza
e con i fiori rossi e vivi del mio vestito coprirò il mio velo della morte.
Grazie infinite, Nicola Stolfi, per averci accompagnato in questo viaggio affascinante attraverso il mondo di Cornelia. Il tuo libro ci ha regalato uno sguardo intimo e avvincente sulla vita di una donna straordinaria, capace di sfidare il destino e lasciare un’impronta indelebile nella storia. Siamo grati per la tua condivisione e ansiosi di continuare a seguire le tue future opere. Grazie ancora per essere stato con noi oggi.
