Benvenuti al blog del Gruppo Albatros, cari lettori! Oggi siamo entusiasti di avere con noi Annamaria Tedeschi e Maria Coga, autrici di “Una favola 2.0” che ci accompagneranno in un viaggio attraverso il loro universo narrativo, dove principesse e cavalieri si svelano in una veste moderna, pronti a confrontarsi con le proprie fragilità e a inseguire ancora la speranza di un incontro speciale.
Il vostro libro, “Una favola 2.0”, ci introduce in un mondo dove il confine tra il virtuale e il reale si sfuma. Come avete concepito questa idea e quali sono le vostre riflessioni sulla relazione tra la vita online e quella offline?
Per molti sociologi la rete sociale digitale è una “società liquida”, ovvero una società caratterizzata dalla perdita delle certezze di quella reale definita “società solida”. Questo concetto ha portato allo sviluppo dell’idea di un’identità “usa e getta”, ovvero che viene costruita di volta in volta a seconda delle situazioni in cui si trovano gli individui nei social network. Nel nostro libro invece si vuole sottolineare la possibilità di usare il social network, quindi il mondo digitale, per sostenere e ispessire/estendere la rete di relazioni che sono già presenti nella vita reale. I protagonisti, infatti, per solitudini originati in vissuti diversi, si lanciano in un social network per fare un viaggio nel passato, nelle amicizie dell’infanzia, dell’adolescenza, ma anche per ravvivare i rapporti con i propri cari magari spazialmente lontani. Poi, i protagonisti vengono coinvolti in un mondo nuovo, inesplorato, curioso, ma le identità online e offline non sono diverse.
Alice, la protagonista, vive in un ambiente caratterizzato dalla precarietà. In che modo questo stato influisce sulle dinamiche delle relazioni umane nel suo mondo?
Alice si era sempre considerata una “precaria”, inizialmente per uno status lavorativo, lei fatica a trovare una sua dimensione professionale. Poi questa precarietà per lei non è stata solo una condizione lavorativa – per diverso tempo la sua professione l’aveva costretta a girare in lungo e in largo la Penisola – e in breve aveva investito tutti gli ambiti della sua vita: il paese in cui risiedeva, i negozi che frequentava, perfino la sua stessa abitazione aveva perso l’ambizione a diventare “casa” e si era ridotta a una “tana” sempre più piccola e provvisoria, ma non per questo meno accogliente. I rapporti diventavano pochi e fugaci, instabili, precari. Naturale che anche le relazioni umane risentissero della sua mancata identità, offline. Questa ricerca di una identità la fa scollegare con il mondo reale a tal punto che si sente Dissonante da esso, appunto “nota stonata”. Quindi Alice sceglie di “giocare” quasi come ultima carta il luogo virtuale.
Smart Moon Bridge è il Social Network che collega i protagonisti del vostro libro. In che modo avete immaginato e sviluppato questo spazio virtuale e quale messaggio volete trasmettere riguardo alla connessione digitale e alle relazioni interpersonali?
Smart moon bridge era il Social Network perfetto per le esigenze di Alice, un ponte virtuale che poteva collegarla con parenti e amici di vecchia data, ma che poi le ha consentito anche di conoscere persone nuove. Ed è proprio in questo “spazio etereo” che Alice incontra Ivan, anche lui “una nota stonata” che offline si sentiva in un sistema che apponeva etichette sulle persone, anziché valorizzarne l’unicità. In alcuni casi, come nel caso di Alice e Ivan il mondo online ha concesso loro di trasferire le loro unicità, forse perché comunicare a un estraneo, e tali sono Alice e Ivan, è molto più semplice che comunicare a una persona cara, perché spesso si vuole tutelarla, oltre a tutelare se’ stessi. È chiaro che nello “spazio etereo” si possono anche trovare “identità fluide”, ma siamo forse arrivati a un momento in cui la fluidità si riscontra più offline che online, credo ci sia un’inversione di atteggiamenti.
Il vostro libro esplora la vulnerabilità dei personaggi, che si mostrano senza maschere, affrontando difficoltà e cicatrici. Qual è il messaggio che desiderate trasmettere riguardo alla forza interiore e alla resilienza?
L’amore per sé stessi ed il sogno per cui ci si prospetta amati e amanti porta le persone a mettere le maschere selezionandole una a una quotidianamente, perché non si vogliono altre ferite e né aprire cicatrici passate. Ma queste maschere crollano quando sembra che essere sé stessi è la cosa più naturale di fronte a una persona unica, stonata ma nelle tue corde. Il messaggio di Alice e Ivan è quello di credere nella propria energia, unica ma anche universale, di darsi sempre delle alternative, perché esiste sempre una nuova musica da suonare.
Le fiabe tradizionali spesso presentano eroi perfetti. Nella vostra “favola 2.0”, i personaggi si mostrano autentici con le loro imperfezioni. Qual è stato il vostro intento nel ridefinire i ruoli classici e quali sono le sfide incontrate nel farlo?
Le fiabe sono bellissime tutte, con eroi perfetti, ma anche con la Bella e La bestia che insegna l’inclusività, e che l’amore riduce l’importanza esteriore e valorizza l’anima, così con Shrek e Fiona che scorreggiavano insieme e questo ha insegnato che bisogna essere complici anche nel gioco, Alice e Ivan trasmettono la voglia ritrovare sé stessi e il valore dell’empatia utilizzando estendendo l’offline al mondo online.
Ringraziamo sinceramente Annamaria Tedeschi e Maria Coga per averci aperto le porte del loro mondo letterario, in cui le storie si intrecciano con la vita di tutti i giorni, attraverso una nuova prospettiva 2.0. “Una favola 2.0” è un invito a guardare oltre le apparenze, ad abbracciare la propria autenticità e a credere che, nonostante le cicatrici, il coraggio di sperare in incontri straordinari continuerà a guidare i nostri passi. Grazie, carissime autrici, per aver condiviso con noi la magia della vostra favola moderna.
