GRUPPO ALBATROS IL FILO PRESENTA: L’uomo dietro la siepe – Gianluca Franco

Benvenuti al blog del Gruppo Albatros, dove oggi abbiamo il piacere di intervistare Gianluca Franco, autore del romanzo coinvolgente e riflessivo “L’uomo dietro la siepe”. Gianluca, è un vero piacere averti qui con noi per parlare del tuo libro e dei temi profondi che affronta. “L’uomo dietro la siepe” esplora il complesso intreccio tra la coscienza e i sentimenti, portando il lettore in un viaggio emozionante attraverso le sfide interiori del protagonista. Possiamo iniziare parlando di come hai sviluppato l’idea per questo romanzo?

Il tuo romanzo tratta temi molto profondi e complessi, come la colpa, il dolore e la ricerca di significato. Cosa ti ha ispirato a esplorare questi argomenti?

Ho voluto approfondire questi temi perché ritengo che nei nostri giorni siano diventati oramai dei tabù. Nella società di oggi è come se le proprie emozioni non possano più essere esternate, specialmente per il genere maschile, come se non fosse da uomini sfogarsi o come se in qualche modo ledesse la propria virilità. Come ho scritto nel romanzo:

«A volte proprio non ci riesco, a volte diventa troppo difficile rialzarmi, l’unica cosa che riesco a fare in quei casi è nascondere la mia sofferenza. Quando qualcuno mi chiedeva come stavo, rispondevo sempre bene, ma non stavo bene e nessuno lo sapeva.» … «Non c’è nulla di cui vergognarsi in tutto questo. Siamo persone: combattiamo, soffriamo e piangiamo e, se tu pensi che la forza sia nel non mostrare mai alcuna debolezza, allora io sono qui per dirti che ti sbagli. Ti sbagli perché è l’esatto opposto.»

Spesso ci sembra che l’unica opzione sia che ognuno di noi debba tenersi tutto dentro di sé, in tal modo non si fa altro che entrare in un vortice vizioso in cui non facciamo altro che amplificare i nostri problemi. Riporto di seguito un estratto del mio libro in cui lo spiego con un esempio:

“Versò dell’acqua in un bicchiere, lo prese in mano, tese il braccio e mi chiese: «Secondo te, quanto pesa questo bicchiere?» «Non saprei, circa 50 grammi? Perché me lo stai chiedendo?» «Perché non mi riferisco al peso in sé. Tutto dipende da quanto tempo io lo tenga in mano. Questo bicchiere ora è leggero, ma, se dovessi rimanere in questa posizione per un’ora, il braccio inizierebbe a darmi fastidio; se lo tenessi così per un giorno, allora il braccio inizierebbe a farmi male e rimarrebbe paralizzato. Il peso del bicchiere non è cambiato, è sempre lo stesso, ma, più resto in questa posizione e più sarà pesante. Lo stress e le preoccupazioni della vita sono come questo bicchiere d’acqua. Se li tieni nella tua testa per poco tempo, non succede nulla, ma se li tieni costantemente per tanto tempo, finiranno per paralizzarti la mente e sarai incapace di fare qualsiasi cosa. Non scordarti di mettere il bicchiere giù» e lo poggiò sul tavolo. «Altrimenti, ti ammalerai.»”

Il protagonista de “L’uomo dietro la siepe” è un personaggio che affronta una serie di difficoltà e sfide personali. Qual è stata la parte più gratificante nel delineare il suo percorso di crescita e maturazione?

La parte più gratificante nel percorso di crescita del protagonista è stata descrivere come ogni volta in cui sembrava che andasse tutto storto, ogni volta in cui qualsiasi cosa era il contrario di quello che lui avrebbe voluto, alla fine in un modo o nell’altro è sempre riuscito a trovare quella forza interiore per andare avanti e non arrendersi. Ritengo che questo sia il più grande punto di forza che ognuno di noi possa avere: non lasciarsi condizionare dagli eventi che ci accadono. Essere forti interiormente è la chiave, perché qualsiasi cosa accada se dentro noi rimaniamo gli stessi allora nulla potrà più buttarci a terra. Nel libro spiego questo concetto nel secondo capitolo prendendo come riferimento il Poema “Paradise Lost” di John Milton, in cui analizzo un soliloquio di Satana nel momento in cui viene cacciato dal Paradiso e mandato all’Inferno:

“Satana in un primo momento non fu felice perché paragonava il posto in cui era finito al paradiso, ma rifiutò l’idea di disperarsi e accettò la sua nuova condizione. Riuscì a tirar fuori tutta la propria determinazione e sicurezza interiore. Realizzò che era diventato il possessore di un regno e non era rilevante se si trattasse dell’Inferno o del Paradiso, poiché la sua ambizione era quella di regnare. Lui si dimostrò forte nella propria coscienza di sé. Così facendo, riuscì a dimostrare che non importa quanto ciò che ti circonda possa cambiare e diventare orribile se dentro di te rimani lo stesso. Dunque, se la mente è in grado di cambiare il mondo esterno, il Paradiso e l’Inferno non sono altro che stati d’animo. L’Inferno non esiste realmente! Siamo noi che lo determiniamo. Possiamo vivere nel Paradiso e non accorgercene; se la nostra mente lo percepisce come Inferno, allora sarà l’Inferno e viceversa. Il segreto è quello di riuscire a sviluppare una mente abbastanza forte che sia in grado di trasformare l’Inferno in Paradiso.”

La relazione tra il protagonista e suo fratello Alessio è al centro della trama. Come hai lavorato per rendere autentica e coinvolgente questa relazione?

Per rendere autentica e coinvolgete il tema centrale del libro, ovvero il rapporto tra il protagonista ed il fratello minore Alessio, ho cercato di immedesimarmi nel protagonista il più possibile, prendendo spunto dal rapporto molto stretto tra me e mio fratello. Tuttavia, la figura di Alessio è molto più complessa, egli non rappresenta meramente il fratello del protagonista o il lutto in sé ma, come ho specificato dopo la fine del libro:

è la raffigurazione di un qualsiasi evento negativo che possa accadere nella vita, un qualcosa di così profondamente doloroso da toglierci il sonno e da condizionare le nostre future azioni. Ognuno di noi ne ha uno diverso dall’altro, ma in questa eterogeneità c’è una cosa che tutti hanno in comune: è quel pensiero fisso nella nostra testa che non ci permette di trovare quella serenità interiore di cui abbiamo bisogno per essere felici. Spesso la cosa più sbagliata che si possa fare è vivere nell’ottica di questo evento, come se qualsiasi cosa ci riportasse a quel momento, a quell’episodio. Bisogna reagire, andare avanti e non annullare la propria personalità, ma affermarla, tirare fuori quel carattere che era nascosto dentro di noi e vivere la nostra vita, perché il nostro passaggio su questo pianeta è un battito di ciglia e non possiamo spendere quel poco tempo che abbiamo a disposizione pensando sempre ad Alessio.” 

Il tema della percezione distorta della realtà è presente in diversi momenti del romanzo. Qual è il messaggio principale che desideri trasmettere ai lettori riguardo a questo argomento?

La psicologia mi ha sempre affascinato e sono convinto del fatto che il nostro cervello sia capace di alterare la percezione della realtà. Nel romanzo estremizzo questo concetto con personaggi immaginari come il co-protagonista, “L’Uomo dietro la siepe”, e anche con alcuni personaggi che il protagonista incontra durante il suo percorso, in queste ultime occasioni lascio alla libera interpretazione del lettore capire se siano reali o meno. Ad ogni modo, il messaggio che voglio passare al lettore è che spesso il nostro cervello può farci concentrare su determinati aspetti, facendoci perderne di vista altri e ciò che per noi è la realtà può essere solo una nostra convinzione determinata da ciò in cui crediamo e che, dunque, possono trarci in inganno e ciò che riteniamo possa essere reale è, invece, una mera illusione che ci allontana dalla verità. 

Infine, “L’uomo dietro la siepe” offre una riflessione profonda sull’importanza di imparare dagli errori e superare i limiti autoimposti. Quali speranze hai riguardo al modo in cui i lettori reagiranno e si identificheranno con il percorso del protagonista?

Io mi auguro che i lettori capiscano che sbagliare è umano ed è normale che accada, proprio per questo ho messo il protagonista in difficoltà lungo il suo percorso, ponendogli davanti decisioni da dover prendere in cui, in un modo nell’altro, tutte le opzioni sembravano sbagliate. In realtà anche in quelle circostanze è fondamentale capire che l’importante è comunque decidere e agire nonostante sembri tutto sbagliato e mai cercare una via di mezzo.

«Sembrava che fossi condannato a rivivere quelle emozioni ciclicamente. Non riuscii a fare nulla per fermarle, sentii che qualsiasi decisione avrei preso sarebbe stata sbagliata. Forse, sbagliavo perché cercavo ogni volta una via di mezzo, non riuscivo ad essere coerente con una linea di pensiero, questa fu la cosa che mi faceva più male.»

Ciò che non deve succedere è che questi errori che commettiamo siano fini a loro stessi, bisogna sempre imparare qualcosa da essi in modo tale da non ripeterli in futuro, in questo modo riusciremo a trasformare i nostri errori in esperienza.

“«Guardami,» disse, «guardami negli occhi. So che sei in uno dei momenti più oscuri della tua vita. Resisti, non mollare, non abbandonare tutto. Puoi sempre guardare la vita da una diversa prospettiva, l’uomo dietro la siepe esiste per questo motivo e capirai che il sollievo non proviene dalla morte. Devi prendere questi eventi terribili della tua vita e farne una nuova storia di trionfo…”.

I limiti autoimposti sono quasi sempre attribuibili ad una sottovalutazione di noi stessi. Sognare in grande non è mai un errore, ognuno di noi ha le stesse possibilità di realizzarsi come meglio credo nella vita e i propri obiettivi devono essere allo stesso tempo dei traguardi e dei nuovi inizi:

«I miei limiti li vedo come degli obiettivi da raggiungere: ogni volta che li supero, alzo l’asticella sempre di più e me ne pongo di nuovi.»

Ringraziamo Gianluca Franco per la sua disponibilità e le illuminanti risposte su “L’uomo dietro la siepe”. È stato un piacere esplorare i temi complessi e le sfide emotive affrontate nel suo romanzo. Non vediamo l’ora di vedere quali altre emozionanti storie ci riserverà il suo futuro. Grazie ancora per essere stato con noi oggi. Buona lettura!

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