GRUPPO ALBATROS IL FILO PRESENTA: Una fiaba prima di dormire – Emanuele Basile

Benvenuti al blog del Gruppo Albatros, cari lettori. Oggi siamo felici di avere con noi Emanuele Basile, autore del toccante romanzo “Una fiaba prima di dormire”. Un viaggio attraverso il dolore, la perdita e la rinascita che ci fa riflettere sulla forza interiore dell’animo umano. In questo libro, Emanuele Basile ci conduce attraverso la storia di Francesco, un padre che affronta il trauma della perdita del proprio bambino a causa di una malattia. Dopo molti mesi di oscurità, Francesco sembra un uomo senza vita, caduto fuori dal tempo e dalla realtà che aveva costruito con Alice, la madre del suo bambino. Una storia avvolta nell’apatia e nel desiderio di solitudine, ma anche intrisa della paura costante di dimenticare il suo piccolo Matteo. Tuttavia, la trama si sviluppa in modo sorprendente quando Francesco intraprende un faticoso percorso emotivo a ritroso, cercando di bonificare la sua anima dai detriti del dolore. Una storia che, nonostante la morte, ci insegna che “chi muore non muore per sempre”.

Emanuele, da dove hai tratto l’ispirazione per “Una fiaba prima di dormire”?

Il libro nasce primariamente come bisogno di mettere ordine alle tante riflessioni che le persone con malattie non curabili e i loro cari mi hanno sollecitato nel mio lavoro durante i percorsi di fine vita e nella fase che ha seguito la perdita e il lutto. L’ispirazione nasce dalle vicende umane, dalle storie e dai diversi percorsi che la fine di una vita e la perdita di legami inevitabilmente determinano. Nella sua prima versione, il racconto non è stato scritto e pensato per divenire un libro da divulgare. La trama ha preso forma, quasi in modo naturale, a partire da alcuni contenuti che, pur nell’estrema eterogeneità delle storie e delle vicende umane, risultavano ridondanti nei percorsi emotivi delle persone che hanno vissuto esperienze di perdita, lutto, elaborazione e ripartenza. Attraverso il racconto volevo sottolineare alcuni aspetti di un’esperienza così umanamente faticosa qual è la perdita di una persona cara che, nel caso del libro, riguarda la morte di un figlio ancora piccolo. Attraverso il racconto, volevo dare voce a coloro che vivono questa esperienza e lasciare traccia delle testimonianze di coloro che questa esperienza l’hanno vissuta. I temi trattati, non riguardano gli altri ma riguardano ognuno di noi perché la vita ci accomuna e i legami danno senso alle nostre esistenze.

Il tuo lavoro come psicologo-psicoterapeuta ha influito sulla tua scrittura? Come hai affrontato la sfida di trasformare storie umane reali in narrativa senza comprometterne l’autenticità?

Certamente il mio lavoro ha influito. Penso che non avrei potuto scrivere su un argomento così complesso, profondo, per molti aspetti così intimo senza fare riferimento a ciò che l’esperienza professionale mi ha permesso di conoscere. Nello stesso tempo la forma narrativa, attraverso cui Francesco racconta il suo percorso di attraversamento del dolore per la perdita del suo bambino, mi ha permesso di uscire dalla professione per sintonizzarmi sull’esperienza umana empatizzando con i vissuti dei personaggi del racconto e attraverso loro, più in generale, con le tante persone incontrate nel mio lavoro. Per la prima volta ho tradotto in narrativa attingendo dalla verità delle esperienze di vita delle persone, cercando di evitare il più possibile una narrazione romanzata. Nella morte di Matteo la morte di tanti bambini e adulti che ho conosciuto; nel percorso di elaborazione di Francesco i percorsi dei tanti che ho incontro. Nella trama del libro, l’esito del percorso rappresenta solo uno dei tanti possibili scenari, certamente non l’unico. Non esiste “il lutto” ma “i lutti”, non esiste il percorso di elaborazione ma i percorsi. Non potrebbe essere diversamente.

La figura di Alice, la donna amata da Francesco, è centrale nel suo processo di rinascita. Come hai sviluppato il personaggio di Alice e qual è il ruolo chiave che svolge nella storia?

Alice nel racconto rappresenta certamente un ruolo importante, non solo perché, per Francesco è la madre del suo bambino; non solo perché è la donna amata ma anche e soprattutto perché, nel sentimento profondo che nutre nei confronti di questa donna, Francesco attinge la forza per ripartire. Alice rappresenta quell’amore che, seppure così messo alla prova dalla morte del bambino, resiste e sopravvive permettendo ad entrambi di vivere, non solo “ciò che manca” ma ancora di più “ciò che è stato e che continua ad essere”. Nell’amore per Alice, Francesco ritrova il legame con il suo bambino sopravvissuto nonostante la sua morte. Come scrivo nel libro, Alice rappresenta un amore “salvifico”, una riserva affettiva che permette a Francesco di non perdersi nell’attraversare un dolore difficilmente sopportabile. Credo che nell’elaborazione della perdita la presenza di una rete di affetti possa rappresentare un fattore importante per la ripartenza. Nella trama del libro, oltre ad Alice, ci sono diversi personaggi che richiamano i legami: alcuni di questi connotabili positivamente come la figura di Romina, la balia che con le sue amorevoli cure ha permesso a Francesco di “venire al mondo”; altri con alcune note negative come i suoi genitori che avrebbero dovuto rappresentare nella sua vita senza mai esserci riusciti. La perdita e il lutto, metaforicamente, possono essere visti come l’attraversamento di un deserto in cui l’assenza di colui che non c’è più, Matteo, rappresenta il vuoto, l’aridità; mentre la presenza di Alice rappresenta il procedere, possibile nonostante l’ingiustizia di una morte prematura, quella del suo bambino.

Il romanzo esplora il concetto che “chi muore non muore per sempre”. In che modo questa idea si riflette nei personaggi e nelle loro relazioni, specialmente considerando il tema della memoria e dell’amore duraturo? Cosa ti ha spinto a esplorare questo argomento così profondamente?

È un concetto delicato e, nello stesso tempo, per molti aspetti complesso. Difficile da credere, e per molti comprensibilmente difficile da immaginare che “chi muore non muore per sempre”. Difficile perché la morte è un evento indiscutibile, avviene una sola volta, nella sua concretezza data dall’assenza e dal vuoto di coloro che ci hanno lasciato, avviene in modo irreversibile. La morte porta via le persone ma non porta via il ricordo di ciò che queste persone hanno lasciato nella nostra storia. Nel ripercorre i diversi momenti che Francesco ricorda e racconta, della malattia del suo bambino, del peggioramento e delle cure fino al momento della sua morte, si può cogliere, nella narrazione la diversa velocità di elaborazione del suo lutto. Per buona parte del libro una narrazione lenta, che riflette ciò che realmente accade nei percorsi di elaborazione della perdita, dove le persone sono disorientate, come dico nel libro “cadute fuori dal tempo”. Un procedere lento caratterizzato dalla tristezza per ciò che è accaduto a Matteo e per il dolore della sua assenza, a cui segue nelle ultime 20 pagine, un cambio di velocita dove il ricordo del bambino malato lascia spazio a ciò che Matteo ha rappresentato nella sua vita. Francesco torna a pensare al suo bambino non come “colui che è stato” ma come “colui che continua ad essere” una presenza importante della sua biografia. In questi termini “chi muore non muore per sempre” se riusciamo a ridargli un posto nella nostra vita. In questo lavoro di bonifica del dolore, come scrivo nel libro, per alcune persone in lutto, non per tutti, è possibile che coloro che li hanno lasciati tornino ad essere nella memoria, ricordi “vivi”. L’elaborazione come un processo di “resurrezione” inteso nel significato etimologico di “sorgere” nella memoria come presenza viva. Ciò che mi ha spinto ad evidenziare questa contraddittoria è stato il constatare, nei percorsi di alcune persone in lutto, che ciò è stato possibile.

Nel processo di bonifica emotiva di Francesco, come hai bilanciato la rappresentazione realistica del dolore con la necessità di offrire un messaggio di speranza ai lettori?

In molti passaggi del racconto ho cercato di descrivere ciò che Francesco vedeva provando a tradurre in parole le ripercussioni, le ricadute emotive, i vissuti che, nel caso di Francesco, un genitore vive. Ho cercato di riportare i fatti descrivendo gli stati d’animo. Ho cercato di descrivere i pensieri mostrando i meccanismi che la mente mette in atto per aiutarci a sopravvivere emotivamente e psicologicamente nelle situazioni più estreme quale può essere il dolore traumatico e invasivo che la morte di un figlio, di un bambino, di una persona cara sempre determina. Ho condiviso una vicenda umana quella legata alla perdita e al lutto cercando di evidenziare come l’esito di ciò che accade non è scontato o prevedibile. Ma soprattutto ho voluto testimoniare ciò che ho visto, possiamo sopravvivere alla perdita di una persona che abbiamo amato e nel fare questo, la liberiamo dalla morte tornando a vivere.

Chiudiamo questa intervista con un ringraziamento speciale a Emanuele Basile per aver condiviso con noi la sua visione e la sua profonda comprensione delle esperienze umane. “Una fiaba prima di dormire” è senza dubbio un’opera che tocca le corde più profonde dell’anima e ci lascia con il messaggio prezioso che l’amore e la memoria possono superare persino la morte. Grazie, Emanuele, per averci regalato questa straordinaria storia di speranza e rinascita.

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