Ben trovati cari amici del blog! Nel suo saggio L’anima del musicista. Alla ricerca della trascendenza nel pianista, Fabienne Kandala ci guida in un viaggio intenso e suggestivo attraverso l’interiorità dell’artista e la dimensione spirituale dell’atto musicale. Con un approccio che unisce l’analisi teorica all’esperienza vissuta, l’autrice dà voce a pianisti che hanno provato, nel pieno di un’esecuzione, quel momento ineffabile in cui la musica sembra elevarsi oltre la tecnica, oltre il suono stesso, diventando veicolo di una verità profonda. In quest’intervista, Kandala ci racconta il cuore del suo progetto, svelando la genesi del libro, i temi centrali che lo attraversano e l’urgenza – oggi più che mai – di riscoprire il significato trascendente dell’arte.
Com’è nata l’idea di scrivere L’anima del musicista e cosa l’ha spinta a indagare il tema della trascendenza nel pianista?
In giugno 2011, l’ex CEO di Google, Eric Schmidt, spiega che Internet ha preso il sopravvento sul nostro tempo, sulla nostra attenzione, sulla nostra vita interiore e ora anche sulla nostra anima. È con questo in mente che ho deciso di raccogliere i segreti di questi momenti di trascendenza vissuti da questi grandi artisti. I pianisti si confrontano con i limiti del loro strumento, che cercano continuamente di superare. In effetti, il suono del pianoforte peggiora molto rapidamente rispetto ad altri strumenti. Attraverso la polifonia (suonare la musica di più strumenti contemporaneamente), il pianista tende a “imitare” i diversi timbri della voce e degli strumenti orchestrali per creare i riferimenti sonori che hanno riempito la mente del compositore.
Nel suo libro, la musica è descritta come una via per accedere a una dimensione più alta dell’esistenza. Quali sono, secondo lei, le condizioni che permettono al musicista di raggiungere questo stato?
Richiede una conoscenza assoluta dei mezzi fisici impiegati, chiamata tecnica, e una grande cultura e conoscenza della scrittura musicale, chiamata arte dell’interpretazione. Una volta acquisita questa, la cosa più difficile è procedere verso l’abbandono dell’ego per avvicinarsi al Sé superiore. Alcuni ci riescono più o meno naturalmente, altri ci riescono compiendo un lungo viaggio interiore.
Quanto conta la componente emotiva rispetto a quella tecnica nell’esperienza trascendente di un’esecuzione?
La componente emozionale interviene soprattutto nell’arte dell’interpretazione. Il musicista esplora la sua concezione dell’opera nel suo lavoro. Quindi, non è più questione di emozione o sentimento nell’esecuzione, ma piuttosto apertura a un’altra dimensione della creazione: sono momenti in cui la musica si connette con l’energia creativa che ha ispirato l’opera del compositore.
Il saggio include interviste a vari musicisti: c’è una testimonianza che l’ha colpita in modo particolare e che desidera condividere?
Tutte le testimonianze raccolte sono di grande importanza perché ci guidano verso una migliore comprensione del fenomeno man mano che procediamo nella lettura. Certamente, quelle di Colette Fernier, Elizabeth Sombart, Jean-Bernard Pommier, Kun Woo Paik e Tamas Vasary sono state decisive nella mia ricerca.
In un mondo sempre più frenetico e standardizzato, che spazio resta per la profondità, il silenzio e la spiritualità nella pratica musicale?
Imparare uno strumento musicale non serve solo a riflettere i sentimenti, ma contribuisce allo sviluppo di tutte le dimensioni della persona. Prima di poter suonare un’opera, la musica si costruisce dentro di noi; sviluppa una profonda consapevolezza del corpo, della sfera emotiva e di diverse facoltà mentali. Oggigiorno questo approccio all’educazione musicale non è più possibile all’interno istituzioni. Preservare la propria vita interiore è una delle sfide più importanti che tutti dobbiamo affrontare. Con l’ingresso dell’intelligenza artificiale nella nostra vita quotidiana, ciò è e sarà impossibile per i giovani senza l’aiuto e la coscienza dei genitori.
L’anima del musicista non è solo un saggio sulla musica: è un invito alla riflessione, alla consapevolezza e all’ascolto autentico. Fabienne Kandala ci ricorda che la musica, quando nasce da un luogo interiore sincero, ha il potere di trasformarci, di farci sentire più umani. Ringraziamo l’autrice per aver condiviso con noi il senso profondo della sua ricerca e per averci aperto una finestra su quella zona invisibile dove il suono si fa anima. Buona lettura!
