GRUPPO ALBATROS IL FILO PRESENTA: LA PERGAMENA – Franco Pizzoli

Cari lettori, oggi vi accompagniamo in un viaggio nel tempo, alla scoperta di un romanzo che intreccia mistero, fede, conoscenza e coraggio. La pergamena, opera d’esordio nel campo della narrativa di Franco Pizzoli, ci conduce tra le pieghe della Storia, in un susseguirsi di epoche, luoghi e personaggi uniti da un segreto celato in antichi rotoli di pergamena. Attraverso una scrittura avvincente e una trama ricca di colpi di scena, l’autore ci invita a riflettere su domande profonde e universali, capaci di attraversare i secoli. Abbiamo avuto il piacere di rivolgere alcune domande a Franco Pizzoli, per conoscere meglio la genesi del suo romanzo, le scelte narrative e il messaggio che desidera trasmettere ai lettori.

Come nasce l’idea de La pergamena e quanto ha influito la sua formazione storica nello sviluppo della trama?

La Pergamena non è soltanto un romanzo storico: è un ponte tra epoche, un invito a interrogarsi e a custodire ciò che di più prezioso abbiamo: la conoscenza. Con questo lavoro, vorrei consegnare non solo una storia avvincente, ma anche un messaggio che travalichi i confini del tempo. L’idea de La Pergamena è il frutto di un lungo percorso interiore e intellettuale. Per anni ho raccolto riflessioni di natura spirituale e filosofica, nate da letture, studi e osservazioni personali. In un primo momento pensavo di dar loro forma in un’opera interamente saggistica, ma temevo che la densità dei temi potesse scoraggiare il lettore medio. È così maturata l’idea di trasferire quelle riflessioni in un contesto narrativo, incarnandole in un personaggio che potesse viverle dall’interno, e allo stesso tempo bilanciarle con una trama capace di intrattenere e coinvolgere. La scelta dell’ambientazione è stata naturale: il mio percorso di studi in Scienze Storiche, con indirizzo medievale, mi ha fornito la base per collocare la vicenda nel XIII secolo, un’epoca di transizione straordinaria. Non volevo il cliché del Medioevo “oscuro e ignorante”, ma un’epoca in cui i prodromi dei fermenti culturali e intellettuali preannunciassero già l’avvento dell’Umanesimo. A questa base storica si è unita un’altra mia grande passione: l’informatica e, in particolare, la crittografia, coltivata per oltre trent’anni. La pergamena da decifrare, che dà il titolo all’opera, nasce proprio dall’incrocio di questi due filoni: la ricerca storica e il fascino per i codici, i linguaggi nascosti, i segreti che viaggiano nel tempo.

Il romanzo attraversa secoli e prospettive molto diverse: com’è stato costruire un intreccio così ampio e articolato?

Costruire un intreccio che abbracciasse più epoche è stato un esercizio di pazienza e precisione. Ho cominciato definendo con chiarezza il periodo storico di ogni arco narrativo, stabilendo i confini entro cui ogni personaggio potesse muoversi. A quel punto, ho approfondito le fonti per restituire con fedeltà non solo l’aspetto esteriore di quei mondi – architetture, costumi, ambienti – ma, soprattutto, la mentalità e le credenze.  La sfida più grande è stata far sì che ogni epoca mantenesse una voce autentica e distinta, pur convergendo verso un’unica trama centrale. Come in un mosaico, ogni tessera temporale doveva essere autonoma e al tempo stesso parte di un disegno più grande. Per farlo, ho lavorato sulla coerenza interna di ciascun personaggio, chiedendomi di continuo: “Come agirebbe questa persona, cresciuta in questa cultura, di fronte a questo evento?”. Evitare anacronismi è stato fondamentale, ma altrettanto importante è stato trovare un filo emotivo che unisse il tutto: il desiderio di comprendere e custodire la conoscenza.

Nei suoi personaggi si avverte una profonda tensione tra destino e scelta. Che ruolo ha, secondo lei, la libertà individuale nel fluire della Storia?

Nel XIII secolo, l’idea di libero arbitrio non era ancora formulata nei termini moderni, ma era già oggetto di dibattito teologico e filosofico. Sant’Agostino e, più vicino ai miei personaggi, San Tommaso d’Aquino, avevano, infatti, già elaborato visioni in cui la libertà umana era strettamente connessa alla grazia divina. In questo contesto, ogni scelta umana era vista come parte di un disegno più ampio, talvolta imperscrutabile. Ho voluto, quindi, che i miei personaggi vivessero pienamente questa ambivalenza: da un lato la consapevolezza di un destino che li precede e li oltrepassa, dall’altro la responsabilità morale di scegliere. Per loro, agire non significa soltanto perseguire un fine personale, ma assumere un compito quasi etico: decidere se trasmettere o meno un sapere che potrebbe cambiare il corso degli eventi. In fondo, il romanzo suggerisce che la libertà più grande non sia quella di scegliere per sé, ma di scegliere cosa lasciare in eredità a chi verrà dopo di noi. È chiaro, quindi, come il romanzo non voglia dare risposte a misteri che ne trovano solo nella più profonda intimità di ognuno di noi, ma inviti a riflettere sul significato della conservazione della conoscenza, su ciò che viene dimenticato e riscoperto, e sul ruolo dei libri e delle idee nel modellare la storia.

I temi trattati nel libro toccano anche corde spirituali e filosofiche. Quanto è importante per lei, come autore, sollevare interrogativi che vadano oltre la semplice narrazione?

Per me è essenziale. La Pergamena nasce dal desiderio di dare spazio a domande che tutti, almeno una volta, ci siamo posti: sul senso dell’esistenza, sulla natura del divino, sul perché della sofferenza. Ricordo ancora, con tenerezza, le domande ingenue e, nello stesso tempo, acute di mia figlia da bambina, che spesso mettevano in crisi spiegazioni convenzionali. Porsi queste domande non significa negare la fede: al contrario, credo che interrogarsi sia un atto di rispetto verso di essa. La curiosità intellettuale e la fede, se vissute senza pregiudizi, possono alimentarsi a vicenda. Speculare, dubitare, cercare spiegazioni: sono modi per avvicinarsi al mistero, non per allontanarsene. Il mio romanzo invita il lettore a guardare dove di solito non si guarda, a uscire dai percorsi abituali del pensiero. Non per fornire risposte definitive – che forse non esistono – ma per ampliare l’orizzonte delle domande.

Cosa spera che rimanga al lettore una volta chiuso il libro?

Vorrei che il lettore portasse con sé due sensazioni complementari. La prima è il piacere di aver viaggiato in un mondo narrativo avvincente, popolato da misteri, epoche diverse e personaggi credibili. La seconda è una scintilla di inquietudine: un interrogativo, anche piccolo, che continua a lavorare dentro di sé. Se un lettore, dopo aver terminato La Pergamena, si trovasse a riflettere – magari la sera, in silenzio – su una delle domande poste da Manfredo, sentirei di aver raggiunto il mio scopo. Non importa se la risposta arriverà o meno: ciò che conta è mantenere viva la ricerca. La conoscenza non può essere statica; deve essere un flusso ininterrotto di domande e scoperte, un’eredità che ogni generazione ha il dovere di custodire e rinnovare.

Ringraziamo Franco Pizzoli per aver condiviso con noi i retroscena del suo lavoro e per averci accompagnato in questo viaggio tra le epoche, dove passato e presente si fondono in un’unica, affascinante ricerca di senso. Cari lettori, La pergamena è molto più di un thriller storico: è una riflessione intensa sull’essere umano e sulla memoria. Non vi resta che lasciarvi trasportare da queste pagine, alla scoperta di un mistero che attraversa i secoli… e l’animo umano.

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