Cari lettori, oggi vi invitiamo a intraprendere un viaggio affascinante tra realtà e percezione, attraverso le parole di Francesco Paganelli, autore del romanzo Le nuove vite. In un mondo sempre più dominato dalla tecnologia e da realtà parallele, il suo libro ci porta a riflettere su un quesito tanto antico quanto attuale: che cos’è davvero reale? Seguendo le vicende di John, protagonista improvvisamente catapultato in una dimensione dominata da simulazioni virtuali, il lettore viene accompagnato in una ricerca intima e profonda, fatta di domande, rivelazioni e possibilità inedite. Abbiamo avuto il piacere di rivolgere all’autore alcune domande per conoscerlo meglio e scoprire le origini e le intenzioni che si celano dietro questo romanzo d’esordio così stimolante.
Com’è nata l’idea di scrivere “Le nuove vite” e cosa ti ha spinto a dare voce proprio a questa storia?
L’idea alla base di Le nuove vite è sempre stata presente nella mia mente, come un pensiero ricorrente che cercava spazio per emergere. Scrivere questo libro è diventato un’esigenza vera e propria durante un periodo molto difficile della mia vita, segnato dalla perdita di un figlio. In quei momenti in cui il dolore mi toglieva anche il sonno, la scrittura è stata per me una via di fuga, un modo per alleggerire la mente e ritrovare un minimo di respiro. È così che questa storia ha preso forma: da un’esigenza profonda, umana, di trasformare il dolore in qualcosa di vivo e significativo.
Il protagonista si trova immerso in diverse realtà simulate: cosa rappresentano per te queste esperienze e che funzione svolgono nel percorso di John?
Le realtà simulate in cui si muove John non sono semplici scenari immaginari, ma vere e proprie prove: specchi in cui si riflettono le sue paure, i suoi desideri e le ferite del passato. Ogni esperienza, bella o dolorosa, ha un ruolo fondamentale nella sua crescita personale. Ma non è stato solo un percorso del protagonista: mentre scrivevo, mi sono immerso anch’io in quelle realtà. Le ho vissute attraverso la sua prospettiva, cercando di comprendere me stesso e di crescere insieme a lui. È stato un viaggio condiviso, in cui la scrittura è diventata anche per me uno strumento di trasformazione e consapevolezza.
Nel libro si respira una forte tensione tra ciò che è vero e ciò che è illusorio: secondo te, nella vita quotidiana, quanto è facile o difficile distinguere tra questi due piani?
Mi viene subito in mente un detto che trovo estremamente calzante: “Nulla è reale, tutto è lecito.”
Spesso fraintesa come un’esortazione al caos, in realtà questa frase racchiude una riflessione profonda sulla natura della realtà e sulla responsabilità individuale. “Nulla è reale” suggerisce che le strutture sociali, le convinzioni, perfino ciò che consideriamo “vero”, sono fragili e soggetti a mutamento. Non dovremmo accettare passivamente le verità che ci vengono imposte, ma imparare a metterle in discussione. “Tutto è lecito”, invece, ci ricorda che le nostre azioni hanno un peso, e che ogni scelta comporta conseguenze – nel bene e nel male. Nella vita quotidiana, distinguere tra ciò che è vero e ciò che è illusorio è tutt’altro che semplice. Spesso siamo immersi in realtà costruite da altri, condizionati da abitudini, paure o aspettative. È solo attraverso la consapevolezza e l’esperienza – proprio come accade a John nel romanzo – che possiamo iniziare a vedere con più chiarezza e a riconoscere ciò che è autentico.
Hai detto di essere sempre stato attratto dai misteri della vita: scrivere questo libro ti ha aiutato a trovare qualche risposta oppure ti ha aperto a nuove domande?
Scrivere Le nuove vite è stato un viaggio interiore tanto quanto narrativo. Alcune risposte sono emerse, è vero, ma mai in modo definitivo. Ogni verità che credevo di aver afferrato ha subito lasciato spazio a nuove domande, forse ancora più profonde. Il mistero, in fondo, non è qualcosa da risolvere una volta per tutte, ma da esplorare con curiosità e rispetto. La scrittura mi ha aiutato a fare ordine in alcuni pensieri, a dare forma a certe intuizioni, ma soprattutto mi ha messo davanti a parti di me che prima ignoravo. In questo senso, il libro non è stato la fine di un percorso, ma l’inizio di una ricerca che continua tuttora. E credo che sia proprio questa tensione tra il conosciuto e l’ignoto a rendere viva ogni storia e ogni essere umano.
Cosa speri che i lettori portino con sé dopo aver letto “Le nuove vite”?
Mi auguro che, una volta chiuso il libro, i lettori sentano il bisogno di porsi più domande e di non dare mai nulla per scontato. Viviamo in un’epoca in cui le risposte sembrano sempre a portata di click, ma proprio per questo rischiamo di smettere di cercarle dentro di noi. Con l’avvento delle nuove tecnologie, molte persone si affidano a soluzioni rapide, scorciatoie mentali che evitano il confronto con il dubbio e con la fatica della riflessione. Le nuove vite vuole essere, in parte, un invito a riscoprire il valore dell’ascolto interiore, della ricerca autentica, e del coraggio di mettere in discussione ciò che sembra ovvio. Spero che chi legge senta di aver fatto un viaggio, e che qualcosa anche solo un dettaglio, un pensiero, una sensazione resti dentro e continui a muoversi.
Vi ringraziamo per aver condiviso con noi questo momento di riflessione e scoperta. Le nuove vite non è solo un romanzo, ma un invito ad aprire la mente, a mettersi in discussione e a guardare con occhi nuovi ciò che ci circonda. Ringraziamo Francesco Paganelli per averci accompagnati in questa esplorazione e vi invitiamo, come sempre, a lasciarvi ispirare dalle pagine che raccontano non solo una storia, ma una possibilità. Buona lettura!
