Un incontro improvviso e potente con sé stessi: è ciò che accade a Beatrice, protagonista del libro E un giorno mi incontrai, opera prima di Monica Gagliardi. Attraverso la metafora del viaggio, l’autrice ci guida in un percorso di consapevolezza e trasformazione, dove il cambiamento non è solo geografico ma profondamente interiore. Monica, con una lunga carriera manageriale alle spalle, unisce alla sua esperienza professionale la passione per la crescita personale, la spiritualità e il benessere olistico, offrendo ai lettori un messaggio autentico e positivo. In questa intervista ci racconta cosa si cela dietro la sua ispirazione, cosa significa oggi essere fedeli a se stessi e come possiamo imparare a smettere di avere paura della felicità.
Monica, cosa ti ha spinto a scrivere E un giorno mi incontrai e a raccontare proprio la storia di Beatrice?
Avevo bisogno di raccontare le mie consapevolezze dopo una ricerca spirituale fatta di Coaching e yoga che potesse essere di beneficio agli altri, soprattutto ai giovani. Quando l’ho scritto ho pensato che potesse essere utile per i miei due nipoti Clelia e Nicolò!
Il viaggio descritto nel libro si trasforma presto in un’esplorazione dell’anima. Quanto c’è di autobiografico in questo percorso?
Molto, anche se non tutto è accaduto con le stesse modalità. Ogni tappa del viaggio di Beatrice rappresenta un mio momento in cui incontri speciali mi hanno spinto a comprendere meglio alcune dinamiche della mia vita. Per esempio, la storia della Pr di moda è ispirata al mitico zio Leo che è mancato un anno fa e che ha portato in giro la sua storia di empowerment per combattere il bullismo.
Il tuo profilo professionale è ricco e articolato: manager, mental coach, insegnante di yoga. In che modo queste esperienze hanno influito sulla scrittura del tuo libro?
Tutte queste esperienze sono entrate in punta di piedi tra le righe del libro. Il rigore e la capacità di concretizzare del mondo aziendale, la potenza trasformativa del coaching, la presenza consapevole che insegna lo yoga: ognuno di questi strumenti ha lasciato un’impronta nel mio modo di vedere e raccontare il cambiamento. Credo che solo integrando mente, corpo e anima si possa davvero incontrare sé stessi.
Il tema dell’amore incondizionato verso sé stessi è centrale. Perché, secondo te, è così difficile per molte persone arrivarci?
Perché ci hanno insegnato a meritarci l’amore, non a riconoscerlo come diritto di nascita. Cresciamo con l’idea che dobbiamo essere “abbastanza” – abbastanza bravi, belli, produttivi – per essere amati. Amarsi senza condizioni significa smontare tutto questo, guardarsi con compassione, accogliere anche ciò che non ci piace. È un processo rivoluzionario, ma è l’unico che ci rende liberi e ci permette di amare incondizionatamente anche gli altri.
Il libro invita a lasciar andare schemi e condizionamenti. Qual è, secondo te, il primo passo per intraprendere questo cammino di liberazione?
Il primo passo è fermarsi. Ascoltarsi davvero. Non nel rumore delle aspettative o dei doveri, ma nel silenzio scomodo dove finalmente possiamo sentire la nostra voce autentica. Da lì, si apre uno spazio nuovo, dove possiamo scegliere: chi vogliamo essere, cosa vogliamo portare con noi, e cosa finalmente lasciare andare. La libertà comincia sempre da un atto di sincerità con se stessi.
Chiudiamo ringraziando Monica Gagliardi per aver condiviso con noi l’essenza profonda del suo libro. E un giorno mi incontrai è molto più di un romanzo: è un invito ad ascoltarsi, a ritrovarsi, ad avere il coraggio di essere autentici. Perché, come ci insegna Beatrice, la felicità non si trova fuori, ma nasce quando iniziamo a guardarci dentro senza più paura. Buona lettura!
