Quando la fantasia si intreccia con le radici della realtà, nascono storie capaci di lasciare il segno. I Quattro Sigilli, romanzo d’esordio di Eddy John Sierra, è una di queste: un viaggio che attraversa confini geografici e interiori, dove tecnologia e magia si scontrano, si fondono e mettono in discussione le certezze. Con una scrittura vivida e coinvolgente, l’autore ci regala un’avventura in grado di far riflettere sul destino, sull’identità e sull’importanza delle scelte. Abbiamo avuto il piacere di incontrare Eddy John Sierra per conoscere più a fondo il suo universo narrativo, i personaggi che lo abitano e la passione che lo guida nella scrittura.
I Quattro Sigilli è un romanzo che intreccia fantasy e tecnologia, magia antica e strumenti moderni: da dove nasce l’idea di questo connubio così originale?
Ho sempre amato la letteratura e la filmografia fantasy e di fantascienza. Alla fine, che si tratti di draghi, alieni, maghi o robot, ciò che fa sempre la differenza è il “cuore” dei personaggi che li popolano, che ne fanno uso. E in questo, osservando il mondo moderno, mi è parso sempre più evidente come già la realtà che stiamo vivendo proponga sempre più il contrasto tra essere umano e tecnologia. Un confine per niente netto, tra uno strumento ed il suo utilizzatore, che nel romanzo cerco di rappresentare sfruttando lo scontro non solo fisico, ma anche ideologico, di due mondi e modi di essere davvero solo apparentemente contrapposti.
Gianni e Sammy sono due protagonisti molto diversi, eppure accomunati da un legame profondo con il proprio destino. Come li hai costruiti e cosa rappresentano per te?
Gianni è la parte che ognuno di noi ha lasciato indietro, quando i sogni hanno dovuto per forza lasciare spazio alla realtà, alla quotidianità. Per età e carattere non è stato ancora toccato dal pragmatismo della vita adulta. O meglio, i suoi genitori tentano di farlo immergere in quel mondo, ma è proprio allora che viene rapito dal suo destino e si rende conto che non è questione di trovare il proprio posto nel mondo. È questione di esserci, al momento in cui si è pronti a diventare “grandi”.
Sammy invece viene allevata come una macchina. Come un computer. All’apparenza non ha emozioni, ha un solo scopo e rappresenta proprio la parte di noi che viene educata a seguire certi canoni, a perseguire determinati obiettivi, che in realtà sono imposti o condizionati da agenti esterni. E vive il contrasto di scoprire che quegli obiettivi, forse, non sono ciò che lei desidera davvero.
Il castello di Urquhart e il Loch Ness sono luoghi iconici: quanto è stato importante per te ambientare parte della storia in Scozia? Hai fatto ricerche specifiche per rendere l’ambientazione così viva?
Loch Ness è mistero, è inconscio, è passato. Il racconto parte da lì, vi ritorna e la sua presenza in qualche modo aleggia anche quando i protagonisti sono altrove. L’ambientazione del Loch Ness è stata una naturale conseguenza della volontà di contrapporre Magia e Tecnologia, lì infatti da decenni vive la leggenda del mostro e, per quanto siano gli avvistamenti e le testimonianze, nessuno strumento tecnologico è mai stato in grado di fornire una risposta concreta. Testimoniando così solamente la natura fugace dell’elemento magico, nei confronti di quello tecnologico. Paradossalmente invece sono proprio gli strumenti tecnologici ad avermi permesso di rendere l’ambientazione viva e realistica: oggi sono disponibili app, siti e software che ci permettono di conoscere e visitare luoghi, che solo qualche anno fa avrebbero richiesto mesi di ricerche e lunghi viaggi. Ovviamente le immagini, i filmati ed i testi non possono raccontare l’”anima” del posto, ma proprio a quello penso serva la fantasia dello scrittore. A dimostrare nuovamente quanto anche nella nostra vita il confine uomo/macchina sia incredibilmente sottile.
Nel romanzo si percepisce un equilibrio costante tra azione e introspezione. Quanto conta per te l’aspetto emotivo in una storia d’avventura?
Tutte le nostre azioni sono determinate dalle nostre emozioni. Parlando poi di ragazzi così giovani, dal carattere non ancora del tutto definito e immersi in una nuova incredibile realtà, l’aspetto introspettivo non solo era necessario, era vitale. Non solo per giustificare determinate scelte, ma perché la loro crescita rappresenta a tutti gli effetti il motore in grado di muovere la storia verso il punto in cui riescono a non pensare più a sé stessi come delle singole entità, ma parte del mondo, dell’umanità. L’azione è quindi conseguenza del trasporre nella realtà fisica le emozioni che provano, le decisioni che di conseguenza prendono. Poi c’è l’amore, la più grande delle emozioni. Che sia amore per sé, per la famiglia o quello romantico, è senza dubbio qualcosa che accompagna le vite di tutti, e di cui nessuno potrebbe fare a meno. E non potevo quindi non includerlo.
Hai iniziato a scrivere da bambino e sei cresciuto leggendo fantascienza e fantasy: quali autori o opere hanno influenzato maggiormente il tuo stile e la tua visione narrativa?
Da ragazzo ho letto tantissimo, com’è ovvio, e non solo questi generi. Per cui potevo passare tranquillamente da Stephen King a Wilbur Smith, passando per De Crescenzo, Stefano Benni e Faletti per finire con Asimov e George R.R. Martin. Ma se devo indicare dei singoli titoli, Eragon, di Cristopher Paolini, perché letto nel momento giusto in cui “crescere assieme al drago” era quello che mi serviva… e perché per la prima volta leggevo qualcosa di bello, scritto da qualcuno più giovane di me. Rendendo il sogno di diventare scrittore più vero, raggiungibile. Poi “On Writing” di Stephen King. Come ha scritto lui stesso, non una semplice biografia, ma la biografia di un mestiere. E per chi vuole provare ad esserlo, questo libro apre porte che non ti aspetteresti. Se chi legge sta pensando di voler scrivere un qualsiasi genere di romanzo, On Writing è assolutamente una lettura cui non è possibile esimersi.
Grazie, Eddy, per aver condiviso con noi il dietro le quinte del tuo romanzo. Con I Quattro Sigilli ci hai accompagnati in un mondo affascinante e ricco di significati, ricordandoci che anche nei momenti più oscuri esiste sempre una scintilla — e spesso è nascosta dentro di noi. Ti auguriamo un futuro pieno di storie da raccontare e lettori pronti a lasciarsi incantare!
