Benvenuti al blog del Gruppo Albatros, dove oggi abbiamo felici di ospitare Graziano Rocchigiani, autore del libro “In punta di penna”. Una vita semplice in tempi difficili. Una storia come tante, eppure diversa. Ognuno di noi ha tanto da raccontare, sospeso tra passato e presente. Alla soglia dei novant’anni, Graziano Rocchigiani decide di mettersi alla prova nell’insolita veste di scrittore, mettendo nero su bianco e riordinando i ricordi di una lunga esistenza caratterizzata dalla profonda riconoscenza alla sua terra natale di Sardegna e ai luoghi in cui ha avuto modo di forgiare la sua personalità, ripercorrendo le vicende che lo hanno fatto crescere e maturare sia sul piano umano sia su quello professionale.
Graziano, possiamo iniziare con il punto di partenza. Cosa ti ha spinto a intraprendere questo viaggio nella scrittura, soprattutto considerando la tua lunga e ricca esperienza di vita?
Inizio con il precisare che di carattere non sono mai stato facile agli entusiasmi, ho sempre fatto le mie scelte, non prima di aver ponderato ogni particolare. La scelta di tradurre in parole la mia vita è stata più che altro un’esigenza venuta dal cuore. Ho sentito la necessità di raccontare ai giovani quanta sofferenza ha dovuto patire la mia generazione, in un periodo storico, come quello della Seconda guerra mondiale. Ragazzi abbiamo conosciuto le privazioni materiali e non solo, ma abbiamo ambito con tutte le forze ad una vita migliore, ci siamo rimboccati le maniche per rimediare ai tanti disagi e messo a frutto i talenti che ciascuno aveva avuto in dote. La mia vita è stata un continuo rincorrere il progresso, ho amato leggere avidamente, così da arricchire e nutrire la mia mente e forse questo ha permesso di tenere allenato il cervello a non perdere quanto vissuto, consentendomi di fissarlo in un libro. Non nego che il desiderio di raccontarmi è stato affiancato anche dalla voglia indiretta di incoraggiare i giovani, che purtroppo si trovano ad affrontare l’incertezza che in ogni settore domina la storia contemporanea. Ho una nipote di quasi ventidue anni, ho scritto anche per lei. I giovani di oggi devono lottare come fanno i giovani di ogni generazione e non perdere mai la speranza in un futuro migliore. Aggiungo che nello scrivere questo libro ho trovato una nuova forza vitale che mi ha aiutato a rimediare alla malinconia e agli acciacchi dovuti all’età. Naturalmente, un grazie di cuore va ai miei figli Angela Maria e Luigi, a mia nipote Victoria, che hanno sostenuto questa iniziativa letteraria.
Il titolo del tuo libro, “In punta di penna”, suggerisce una riflessione accurata, quasi minuziosa, dei tuoi ricordi. Qual è stata la tua metodologia nel riportare alla luce questi frammenti di vita?
Premetto che ho amato e amo tutt’ora dipingere. Trasferire “paesaggi e persone” su tela è stata sempre la mia grande passione. Quindi, spesso mi ritrovo a dare immagine anche ai miei pensieri. IL titolo del mio libro, l’ho pensato, infatti, mentre fantasticavo di recarmi in un tempio, quello della “Sapienza dei letterati”, in cui riuniti ritrovavo i giganti della penna, intenti a scrivere. Sento un’irrefrenabile voglia di entrare, ma so di non sapere, mi sento quasi di profanare quell’ambiente, ma so nel profondo che alla mia tarda età tutto mi sarà perdonato! Entro piano piano in punta di piedi…così come “In punta di penna” penso di raccontare, con sincerità e umiltà, a chi avrà la voglia di sapere come ho trascorso i miei anni. Ho scritto d’impeto, trasportato dal fiume di ricordi che si accavallavano e che si rincorrevano, trascinato come in un ballo dagli stessi. Ho scritto “a flusso di coscienza”, come mi ha spiegato la mia cara amica Roberta Gallo che ha curato il libro in tutte le sue parti, con sapiente maestria, prima di presentarlo ad Albatros. Mentre scrivevo, rivivevo i momenti, emozionandomi, ripercorrevo il passato come se fosse presente. Aggiungo con un pizzico di vanità che la memoria non mi ha mai tradito, non è stato affatto difficile ricordare.
Ci parli della tua connessione con la Sardegna e come questa abbia influenzato il tuo percorso personale e professionale?
Sono sardo e amo la mia isola. Terra di pittori e letterati, primo fra tutti il premio Nobel Grazia Deledda, ricca di suggestivi paesaggi e caratteristiche tradizioni, ma anche “dura Madre”, soprattutto ai tempi della mia infanzia e giovinezza. Poche possibilità lavorative, in un periodo di difficoltà economiche per tutta l’Italia. Devo riconoscere che le difficoltà incontrate durante la crescita e l’esercizio ad affrontarle, hanno forgiato il mio carattere. La mia era una famiglia numerosa, sapientemente guidata da genitori meravigliosi, che dovendo fare i conti con i problemi quotidiani di sopravvivenza, con un forte senso di onestà e rettitudine, non hanno mai avuto piacere e tempo di ascoltare le mie idee e i miei progetti. Si faceva come dicevano loro, figli di quella terra da sogno, “senza sogni”. Io sogni, però, ne avevo e non voglio ripetere quello che ho scritto nelle pagine del libro, ma dico soltanto che per farne diventare alcuni realtà, ho lottato e sacrificato tanto.
In un’epoca dominata da storie spesso enfatizzate o amplificate dai mezzi di comunicazione, come hai affrontato la sfida di raccontare la tua storia in modo autentico e sincero?
In questa epoca, in cui la vita è vissuta e/o esibita attraverso i mezzi di comunicazione, mi sento sinceramente un pesce fuor d’acqua, un estraneo a questo mondo. Nello scrivere e raccontare la mia storia ho usato il buon senso, l’onestà nel riportare con semplicità i fatti e non ho mai avuto bisogno di stupire. Alla mia età si guarda la propria vita passata con i propri occhi, con l’ammirazione di essere riusciti a viverla e ci si emoziona per quanto si è riusciti a fare, non ci si preoccupa di impressionare gli altri. Ho raccontato parte di ciò che ho vissuto con molta tranquillità, con la responsabilità che si deve quando raccontando della propria vita, si parla anche di quella delle persone che ci hanno accompagnato e ci accompagnano ancora. Ho accolto la sfida della scrittura con la forza con cui affronto la vita, con serena sfida e cristiana bontà e quando posso cerco di essere utile per gli altri.
Qual è il messaggio principale che vorresti trasmettere ai lettori attraverso le pagine del tuo libro?
Posto che è stata un’esperienza meravigliosa scrivere, il messaggio che vorrei trasmettere è rivolto soprattutto ai giovani. Il racconto della mia storia mi ha permesso di dimostrare che per vivere bisogna avere dei sogni. La vita è difficile e meravigliosa allo stesso tempo, è un percorso, che in ogni epoca ha le sue difficoltà e i suoi punti di forza. Storie di sconosciuti come me, sono l’espressione di una vita reale, che si porta a compimento quando non si perde mai di vista l’obbiettivo, il sogno. La forza che ci mettono i giovani quando perseguono i loro sogni è invincibile
Ringraziamo sinceramente Graziano Rocchigiani per aver condiviso con noi la sua straordinaria storia di vita. “In punta di penna” ci offre uno sguardo intimo e sincero su un percorso individuale intriso di ricordi, riflessioni e lezioni di vita. Che il suo esempio ci ispiri a esplorare le nostre storie personali con la stessa cura e dedizione. Grazie ancora, Graziano.
