Benvenuti al blog del Gruppo Albatros! Oggi siamo lieti di intraprendere un viaggio nell’universo creativo di Marcello Meschini, autore del libro “Reale, irreale, surreale – Antologia personale di storielle, poesie, racconti brevi e varie amenità”. Nel mondo della letteratura, ci troviamo spesso a riflettere su finali e trame che non sempre soddisfano le nostre aspettative. Quante volte ci siamo sentiti delusi da un epilogo che non condividevamo, desiderando ardentemente che la storia prendesse una piega diversa? Oggi esploreremo queste sfumature con Marcello Meschini, un autore che condivide la nostra passione per le trame luminose e i finali che risuonano con il nostro spirito ottimista.
Marcello, in un mondo letterario ricco di avventure e intrecci, quali sono stati i momenti più significativi che ti hanno spinto a condividere le tue storie con il pubblico?
Io sono per la commedia. Drammi e tragedie non fanno per me e mi lasciano sempre una punta di amaro in bocca. Come dico nel libro, sono sempre stato un accanito lettore. Leggo di tutto, preferibilmente fantascienza, ma non disdegno gialli, thriller, attualità, e neanche trattati divulgativi e fantasy. Ultimamente, però, sono rimasto colpito da un eccesso di violenza e di cattiveria gratuita, anche in autori che stimo e apprezzo. Come se non fosse sufficiente ciò che riscontriamo nella cronaca quotidiana, sembra che i lettori siano particolarmente attratti dalla morbosità del male in tutte le sue forme. Magari è più facile e più spettacolare in un film, ma in un libro, in cui l’autore può scegliere cosa presentare e come presentarlo, questo eccessivo indugiare volutamente sui dettagli più raccapriccianti, a me ha dato fastidio, quasi nauseato. Perché, allora, non provare a scrivere qualcosa di diverso? Qualcosa che possa interessare il Lettore senza necessariamente ricorrere alla brutalità bestiale. Come ho raccontato, avevo iniziato a frequentare il corso per imparare alcune tecniche di scrittura, perciò, oltre agli esercizi, ho cominciato a buttar giù qualcosa, poi mi è bastato scegliere e legare il tutto. Peraltro, ho scelto di condividere con i miei Lettori non solo le storie ma anche la genesi delle storie stesse, cercando di creare un legame più stretto e più intenso col Lettore medesimo.
Parlando di finali alternativi, quali sono le tue considerazioni sulla libertà creativa e il potere dell’immaginazione nel plasmare le narrazioni?
Per me uno scrittore è una persona che vive in costante, e forse precario, equilibrio a cavallo tra i due mondi della vita reale e della fantasia. Su questa falsariga, prendendo spunto da fatti e personaggi della vita reale, ho costruito le mie storie fondendo realtà e fantasia in un tutt’uno inscindibile. Introducendo una delle mie storie (Civvì) ho scritto che, sebbene fosse per metà reale e per metà inventata, io stesso non sarei stato capace di distinguere dove finisce la prima metà e dove inizia l’altra. Tutto è reale e nello stesso tempo tutto è immaginazione. È ben vero che talvolta, come ho precisato all’inizio dello ‘Zibaldone’, “il reale visto da un’angolatura diversa o da un diverso punto di osservazione può̀ apparire grottesco o bizzarro e diventa più̀ incredibile di un mero parto della fantasia” – da qui l’aggiunta di ‘Surreale’ nel titolo –, però un autore è tenuto mantenere sempre il controllo delle vicende che racconta, il controllo della sua realtà, che è l’unica realtà che conta per il suo Lettore. Su questo aspetto l’autore è totalmente libero di raccontare il mondo come lo vede o come lo vorrebbe o in qualsiasi altra maniera; l’unica cosa che gli viene richiesta è di rispettare l’intelligenza del Lettore con un minimo di coerenza e di sincerità. Forse quest’ultima affermazione potrà sembrare un tantino forte, ma odio gli autori, spesso di gialli ma anche di fantascienza e non solo, che tirano fuori il coniglio dal cilindro senza alcuna anticipazione e senza consentire al lettore di poter prevedere l’azione. Talvolta la stessa zia Agatha, l’autrice del giallo per antonomasia, è stata accusata di ‘barare’ con i propri lettori, e ciò non è bello perché contribuisce a creare nel lettore quel senso di frustrazione che lo potrebbe portare ad allontanarsi dalla lettura.
Nel tuo libro, “Reale, irreale, surreale”, ci immergiamo in una variegata antologia di storielle e poesie. Qual è il filo conduttore che lega queste opere, se ce n’è uno, e quali messaggi intendi trasmettere ai lettori attraverso di esse?
Il libro ha, volutamente, diversi livelli di lettura che corrispondono ad altrettanti fili conduttori. Il primo, il più semplice, è quello che ho dichiarato subito nel mio dialogo col Lettore: esempi di comunicazione, dai numerosi dialoghi, passando per il lessico, fino ad alcuni esempi di comunicazione posturale. Ovviamente, date le ingiustificate divagazioni, appare subito insufficiente – e, soprattutto, noiosa – come chiave di lettura. Una secondo livello è quello accennato alla fine dell’introduzione: “… non tutto è sempre ciò che appare o come appare.”. In pratica l’ambiguità, il doppio senso e i giochi di parole sono quasi una costante che pervade la maggior parte dei brani. Ma solo la maggior parte, non sempre, pertanto la lettura diventa più divertente con questa piccola sfida al Lettore di riuscire ad intuire in anticipo i ‘se’ e i ‘come’. Infine, i miei amici più smaliziati, probabilmente perché mi conoscono, leggendo la bozza del libro in anteprima, hanno individuato una terza caratteristica che li ha portati a parlare addirittura di “filosofia”: non c’è alcuna conclusione, non ci sono risposte, solo interrogativi. Pressoché tutti i racconti hanno un finale aperto e l’ultimo entra in una specie di loop ciclico. Ciò da una parte crea curiosità nel Lettore sul ‘dove si andrà a parare’ ma contestualmente lo sollecita – o, almeno, dovrebbe sollecitarlo – a soffermarsi sulle numerosissime domande e questioni buttate qua e là come per caso, stimolandone, nelle intenzioni, la riflessione ed il pensiero. Probabilmente è proprio questo il messaggio che intendo trasmettere al Lettore più attento: fornire un ausilio per rimettere in moto le sinapsi, sempre più distratte e trascurate nella frenesia tecnologica odierna dove si parla solo per slogan e si scrive solo con sigle e abbreviazioni.
Hai mai incontrato resistenze nel tuo percorso creativo, specialmente quando si trattava di mantenere viva la tua visione positiva in un panorama letterario spesso dominato da toni più cupi?
Difficoltà obiettive ce ne sono sempre. All’inizio, dato che le macchine per scrivere sono oramai strumenti più che obsoleti, era una specie di lotta in famiglia per accaparrarsi le necessarie risorse informatiche per scrivere; e ne ho scritto, prendendo simpaticamente in giro la mia signora, nel brano ‘A musa dura’. Poi, quando le risorse tecnologiche sono diventate più che sufficienti, la recriminazione era sul tempo dedicato alla scrittura che veniva considerato come sottratto alla famiglia. Ma sono piccolissimi problemi che, nella doverosa opera di mediazione, hanno semplicemente rallentato la stesura senza alcuna influenza sul contenuto. Per contro, ho incontrato approvazione e incoraggiamento da parte degli amici di cui sopra che si sono offerti di fare da cavia nella lettura. Infinite chiacchierate, considerazioni e commenti, sia per la formula innovativa di dialogo col Lettore, sia sul contenuto, ritenuto inconsuetamente fuori dell’ordinario, con uno stile pacato e in apparenza lineare. Ma solo in apparenza.
Infine, condividendo la tua prospettiva vibrante sulla vita e la letteratura, quali speranze hai per il futuro della narrativa e il suo impatto sulla nostra percezione del mondo?
Oramai ho scoperto questo mondo da esplorare e ho intenzione di continuare a scrivere, sebbene abbia ancora molto da imparare. Storielline con cui implementare le prossime edizioni? Forse. O forse per pubblicare un secondo volume. Al momento è presto per dirlo. Un romanzo lungo? Forse troppo lungo, perché mi ha preso la mano, pardon, la tastiera, ed è ancora solo a metà. Sceneggiature? Quella di cui ho accennato nel libro è completata ed è in fase di revisione. Poi, chissà? Una storia introspettiva? È in cantiere, già abbozzata e sgrossata. Saggi? Qualcosa sta frullando in testa. Tutto bello, tutto molto interessante, però… Cos’è un autore senza un Lettore? Secondo Pirandello i personaggi possono andare in cerca dell’autore, ma il Lettore? Che poi è il destinatario ultimo di questo processo creativo e dovrebbe essere la persona che ne trae beneficio, in qualsiasi maniera si voglia intendere questa parola. Su questo aspetto sono scettico. Come nei talk-show, tutti vogliono parlare e nessuno ascolta ciò che viene detto da chi gli siede accanto: la produzione è tanta e la gente spesso si lascia sedurre più dal nome o dai richiami pubblicitari che dal valore intrinseco dell’opera. Con ciò non voglio dire che solo il mio libro è di qualità, tutt’altro, anche se ho fatto del mio meglio per sfornare un prodotto valido e quasi certamente avrei potuto fare di più o meglio. Però libri che possiamo definire ‘leggeri’ e che stimolino a pensare non ce ne sono molti in giro. La concitazione di questi tempi richiede l’efficienza e l’efficacia delle azioni, cioè a dire risolvere i problemi presto e bene, e la maggior parte delle persone sta perdendo il gusto della speculazione fine a se stessa, il piacere di godere delle piccole cose, di bearsi in un paesaggio o in un cielo stellato. Sembra quasi un paradosso: abbiamo aumentato la velocità degli spostamenti e delle comunicazioni e siamo sempre all’inseguimento del tempo che non basta mai. E ciò mi intristisce perché equivale a perdersi buona parte del significato della vita.
Conclusa la nostra conversazione con Marcello Meschini, autore di “Reale, irreale, surreale”, ci lasciamo ispirare dalla sua visione luminosa e dalla sua capacità di trasformare le parole in un caleidoscopio di emozioni positive. Grazie, Marcello, per averci accompagnato in questo viaggio attraverso le sfumature della creatività e per averci ricordato che anche nelle pagine più scure possiamo trovare una luce che illumina il nostro cammino. Continua a colorare il mondo con le tue storie, e continueremo ad accoglierle con gioia e gratitudine.
