Benvenuti al blog del Gruppo Albatros, dove esploriamo mondi letterari che ci trasportano in avventure e riflessioni senza confini. Oggi siamo felici di avere con noi l’autore di “Narrazione africana”, Luigi Bonani. Attraverso le pagine di questo libro intrigante, Luigi Bonani ci immerge in un Africa sconvolgente, dove il contesto guerresco fa da sfondo a una storia avvincente, illuminando il lato oscuro dell’umanità con un sorriso amaro. Dal potere dei mercenari alle ambizioni dei generali, l’autore ci invita a riflettere sulle dinamiche di potere e sulle fragilità umane che permeano il racconto.
Partendo dall’idea centrale del tuo libro, come hai affrontato la sfida di narrare un contesto così complesso e carico di tensioni come quello africano?
La trama del libro si è sviluppata per gradi. All’inizio avevo a mente la carica con i cavalli in una guerra contemporanea, da ambientare in una località desertica con una denominazione provocante (agua fria/deserto). Dal deserto all’Africa il passo è stato breve: sarebbe stato meno breve, date le mie conoscenze, se avessi dovuto pensare a un deserto asiatico.
In “Narrazione africana” emergono personaggi dai tratti complessi e ambigui. Qual è stato il tuo processo creativo nella costruzione di questi caratteri?
Personaggi complessi ed ambigui. Avevo a mente, come primo sviluppo della trama, una realtà fatta da professionisti della guerra. Aggiungo che una tale professione è quanto di più ripugnante per la mia indole: proprio per ciò, con ripugnanza, ho affrontato la descrizione dei principali personaggi – non è un caso, quindi, che essi emergano come complessi e ambigui (e, aggiungerei, sgradevoli).
Il tema della violenza e del potere è centrale nel tuo romanzo. Cosa ti ha spinto a esplorare questa tematica in particolare?
Violenza e potere (sia pure “cum grano salis”) sono alla base della mia esperienza di avvocato. È naturale che abbiano influenzato il mio libro. In particolare, la legge dà una regola all’esercizio della forza, la quale altrimenti soffocherebbe il colpevole. Un capitolo del libro evidenzia il difficile rapporto fra la violenza, inevitabile se si voglia costringere il reo, e l’arresto (“In nome della violenza ti dichiaro in arresto” – naturalmente con questa proposizione ho voluto, nel libro, esagerare per drammatizzare la narrazione: in genere, nella prassi giudiziale, le cose non sono così drammatiche, né così scontate).
L’entrata in scena di Emmanuele nel tuo libro aggiunge un elemento di sorpresa e mistero alla trama. Senza rivelare troppo, puoi condividere con noi il significato di questo personaggio e il suo impatto sulla narrazione?
Tutti coloro che sono cristiani, sono stati tentati dall’idea del ritorno di Cristo sulla terra. Una volta descritto tale ritorno (nella veste di un medico militare – Emmanuele – che risana i feriti di una battaglia) mi sono trovato a dover gestire la sorte di questo taumaturgo: ho immaginato che gli dovesse toccare la stessa sorte della prima venuta, cioè una morte infamante – non senza, prima, lasciare l’impronta del suo ritorno (l’estrema coerenza fino al sacrificio, scelto liberamente). Emmanuele vuole esemplificare un eroe a tutto tondo, colui che è pronto a morire per la verità.
Quali messaggi o riflessioni speravi di trasmettere ai lettori attraverso “Narrazione africana”?
Le idee che ho indicato come trainanti nei precedenti quattro punti costituiscono ciò che ho voluto partecipare ai lettori: in particolare che, in un qualche momento della vita, bisogna montare a cavallo e partire a passo di carica (questo momento può essere differito ma è meglio che non venga scansato).
Grazie mille, Luigi Bonani, per aver condiviso con noi il tuo mondo letterario e le profonde riflessioni che accompagnano il tuo romanzo “Narrazione africana”. Siamo certi che i lettori saranno affascinati dalle sfumature della tua narrazione e stimolati dalle domande che sollevi. Attendiamo con ansia le tue future opere e ti auguriamo ogni successo nel tuo percorso artistico.
