GRUPPO ALBATROS IL FILO PRESENTA: La Nostra Vita È Reale O Virtuale? – Enrico Bignetti

Benvenuti lettori del Blog del Gruppo Albatros. Oggi siamo entusiasti di presentarvi un’intervista con Enrico Bignetti, autore del libro provocatorio e illuminante “La Nostra Vita È Reale O Virtuale?”. Fino a pochi anni fa, le neuroscienze affrontavano un enigma senza soluzione sulla natura della psiche, della coscienza e del libero arbitrio. Bignetti, attraverso i suoi studi, ha gettato nuova luce su questo mistero, suggerendo un’interessante ipotesi di un cervello con capacità computazionali di tipo probabilistico-deterministico. La mente, secondo lui, si configura come una “tabula rasa” che reagisce attraverso un meccanismo statistico di “trial-and-error”, scardinando l’illusione di una guida spirituale legata al libero arbitrio.

Enrico, Il suo libro affronta il dibattito sul libero arbitrio in modo unico. Può spiegarci come la sua ipotesi di un cervello probabilistico-deterministico cambia la nostra comprensione della libertà di scelta?

Ogni singola struttura del cervello, sia essa una molecola, un organello sub-cellulare o un singolo neurone, ha una bassa probabilità di funzionamento, in condizioni di riposo. Questo vuol dire che, senza stimolazioni, il cervello si trova in uno stato di riposo poiché le sue strutture si attivano con una probabilità troppo bassa. Ma in conseguenza di stimolazioni specifiche, la probabilità di risposta aumenta (effetto probabilistico); se poi il numero delle strutture stimolate raggiunge l’ordine di milioni-trilioni, allora, si comprende come le risposte agli stimoli sono deterministicamente garantite (effetto deterministico). Potremmo portare molti esempi di questo comportamento (ad es. i canali voltaggio dipendenti per il passaggio del Sodio attraverso le membrane del neurone, le vescicole sinaptiche ricche di mediatori chimici per la trasmissione/regolazione dell’informazione da un neurone all’altro, ecc. ecc. Questo meccanismo P-D garantisce che, in conseguenza di stimoli interni od esterni significativi, le reazioni del cervello siano matematicamente prevedibili sulla base della legge di causa-effetto (a proposito della legge Causa-effetto dobbiamo però aprire una parentesi; dobbiamo ricordare che questa non è una vera legge, non è descrivibile sulla base di una qualche equazione matematica. Più che altro, è una deduzione della nostra mente, osservando le ripetute correlazioni tra certi “effetti” con certe “cause”. È una cosiddetta “legge” di origine empirica, che può funzionare solo nel mondo della fisica classica; in effetti, anche il cervello e la mente dal quale emerge, hanno, rispettivamente, una dimensione dal microscopico in su e una dinamica ben al disopra della velocità della luce). La natura attorno a noi, quella che possiamo osservare con i nostri sensi, ci mostra innumerevoli esempi di P-D. Basti osservare le molecole di un gas. Singolarmente si muovono in modo casuale in tutte le direzioni (cioè, raramente si muovano nella stessa direzione); ma, osservate collettivamente, mostrano un comportamento medio prevedibile e compatibile con le leggi fisiche dei gas: cioè, si espandono o si contraggono nello spazio, in funzione della variazione dei parametri fisici dell’ambiente. Analogamente, potremmo parlare della dinamica di reazione degli enzimi, oppure dei fenomeni osmotici, o di quelli delle maree, ecc., ecc. Un esempio di sistema fisico artificiale che vale per tutti come esempio di P-D, è la “macchina di Galton” (che si può acquistare persino in rete); è un aggeggio di una semplicità disarmante la cui dinamica collettiva è predicibile con una legge matematica; il libro mostra l’immagine e ne descrive proprio il suo funzionamento. In conclusione, le evidenze che dimostrano come il libero arbitrio non esista ma sia solo un’illusione della mente, sono numerose; una di queste è il comportamento P-D del cervello e della sua mente. Infatti, un meccanismo che sia descrivibile da un’equazione matematica e che segua la legge di causa-effetto non è compatibile con le scelte di un’anima. Inoltre, senza libero arbitrio non può esistere nemmeno un Sé, o un’anima o un Ego che possano scegliere per noi. Dunque, l’unico modello cognitivo adeguato a spiegare una mente che sia contemporaneamente P-D e resiliente agli stimoli della vita, è il “The Bignetti Model”.

Il suo modello cognitivo analizza la mente in una dualità tra conscio e inconscio. Come si traduce la “Realtà” in un linguaggio macchina dalla mente inconscia, e quale ruolo svolge nella formazione delle nostre percezioni?

Numerose sono le evidenze che il libero arbitrio (FW) sia solo un’illusione della mente; ne consegue, che l’idea di possedere un’anima o un Ego capace di decidere sulla base del FW, è anch’essa una illusione. Dunque, è dal 2001 che la mia ricerca mi ha condotto passo-passo alla proposta e al continuo aggiornamento di un modello cognitivo compatibile con quelle evidenze. Nel 2014 ho pubblicato su Cognitive system Research una prima versione ufficiale del “The Bignetti Model”. Il modello ha avuto il suo punto di forza quando si è capiti che la mente ha un comportamento duale; ovvero, con una funzione “inconscia o implicita” (UM), dal linguaggio biofisico e biochimico, ed un’altra “conscia o esplicita” (CM), dal linguaggio parlato, fatto di lettere, frasi, pensieri ecc. (nessun riferimento alla Psicanalisi). La UM interagisce con il mondo esterno ricevendo stimoli e reagendo ad essi sulla base di un protocollo che la memoria a lungo termine (LTM), può suggerirle. In mancanza di informazioni negli archivi della memoria, UM reagisce prima di tutto a caso, basandosi cioè sul meccanismo di trial-&-error. Grazie all’intervento a-posteriori della CM che assimila il buono ed il cattivo delle esperienze vissute dalla UM, la memoria si arricchisce di conoscenze sempre più approfondite; cosicché, le reazioni future della UM diventeranno sempre più precise e veloci, fino a diventare automatiche (vedi ad es. il drive di un tennista di professione che si esercita di continuo). Tuttavia, gli organi di senso sono limitati ed imprecisi (pensiamo per esempio al limitatissimo spettro del nostro visibile e del sonoro o al fatto che la maggior parte della materia ci rimane “oscura”). Pertanto, la mente consapevole (la CM) riceve dalla UM le sensazioni del mondo esterno che sono non solo imprecise e incomplete ma anche in ritardo. Secondo la Psicologia, queste percezioni sono definite “Qualia” ovvero percezioni soggettive, virtuali e indescrivibili oggettivamente (un classico esempio è la cosiddetta “Rossità”, ovvero: il colore rosso viene chiamato “rosso” da tutti per abitudine ma è impossibile sapere che percezione qualitativa susciti in ogni singolo individuo).

Parla di un mondo “virtuale” che percepiamo attraverso il filtro di un “Avatar”. In che modo questa prospettiva influenza la nostra comprensione del presente e del futuro?

Abbiamo detto che la stessa mente si manifesta in modo duale, cioè con due funzioni e due linguaggi diversi, UM e CM. Secondo il modello “Bignetti”, la UM interagisce con il mondo esterno e quindi, con un ritardo di poche centinaia di millisecondi, traduce questa esperienza nel linguaggio comprensibile alla CM. Dato il ritardo con il quale la CM si risveglia all’esperienza presente, non può averla vissuta in prima persona ma può illudersi di averle decise e guidate volontariamente al posto della UM. Il ritardo è tale che non può modificare le azioni della UM ma può apprenderne e memorizzarne il risultato per cercare di correggerle in futuro. L’apprendimento e la memorizzazione della CM diventano ancor più solidi se essa si illude di avere la responsabilità diretta di quelle azioni attribuendosi un premio o una punizione. Nel mondo animale, il processo cognitivo include il senso di responsabilità; esso diventa sempre più solido se viene associato ad un premio o una punizione. Lo studio del meccanismo dell’apprendimento negli animali ci ha insegnato che la motivazione per reagire in un certo modo ad uno stimolo è quello di guadagnarsi un premio. Nell’uomo, il problem-solving è motivato dal senso di orgoglio nei confronti delle proprie capacità intellettive (per Tolman si chiamava Cathexis). Questo ruolo è interpretato proprio dalla CM. Essa presume di essere lei responsabile delle azioni (Illusione del FW) e quindi memorizza ogni esperienza di successo. Ricapitolando, immaginiamo di indossare l’oculus-rift e di vivere la nostra vita in un gioco virtuale. L’avatar (ovvero UM) è impegnato nel tempo “t” a reagire agli stimoli dell’ambiente; gli effetti delle sue azioni arrivano al giocatore (ovvero alla CM), con un certo ritardo “t+△t”. Il giocatore che si immedesima nel suo avatar (effetto ”embodiment”), si sente lui responsabile dei suoi errori; con i segnali di feed-back che gli arrivano dallo schermo, può apprendere una sempre migliore manualità del joystick; non potendo però più tornare indietro al tempo iniziale “t”, per correggere l’avatar, il miglior uso andrà a favorire le azioni future del suo avatar. Con la ripetizione del gioco, infatti, il giocatore acquisterà una tale manualità da poter gestire le azioni dell’avatar in modo istintivo (automatico), senza fargli più commettere errori. Nel mondo del gioco virtuale, il raggiungimento di tale automatismo annoierà il giocatore al punto da fargli cambiare gioco; anche nella nostra vita “virtuale”, la mancanza di imprevisti non motiverà più i processi cognitivi di CM al problem-solving del quale si è parlato descrivendo il “The Bignetti Model”.

Come il suo approccio influisce sui processi di apprendimento, memoria e comportamento “volontario” dell’uomo, e in che modo può guidarci nella comprensione dei misteri della mente umana?

Analizzando i vari punti del modello “Bignetti” elencati anche nel mio libro pubblicato da Albatros, si nota che il processo cognitivo è una sequenza di vari eventi che si possono però dividere in due fasi principali: “Azione”, ovvero reazione ad uno stimolo, condotta dalla UM; “Cognizione”, ovvero il processo di apprendimento e memoria dell’esperienza vissuta con l’azione, condotta dalla CM. Se ci fosse solo la prima fase il mondo sarebbe ancora all’età della pietra; è grazie alla seconda fase che la conoscenza e la tecnologia hanno potuto progredire. Con ciò non voglio dire che il progresso sia sempre avanzato per il meglio. Non possiamo certo dire che con le conoscenze e le tecnologie di oggi, il mondo sia anche migliorato socialmente e civilmente parlando; tanto è vero che le società più opulente e forti sono proprio le prime a dimostrare quanto sia amata la guerra per la capacità di sopraffazione dei più deboli e arretrati. Basti guardare quanta energia si spreca in termini di risorse e quale è l’aumento dell’inquinamento a dispetto di un mondo vicino al default, che le potenze mettono in atto per la conquista dello spazio. Una pura vanagloria, ostinata e autolesiva; quando la soluzione invece sarebbe lì, proprio lì sul piatto della logica e dell’etica cioè: il riequilibrio delle risorse nel mondo. Sappiamo che questo equilibrio è totalmente compromesso per pochi prepotenti e ottusi; perdipiù, sappiamo che sono proprio i grandi disequilibri sociali quelli che fomentano le guerre delle quali poi noi, ipocriti, ci lamentiamo. Se dovessimo analizzare la nostra realtà come un qualunque sistema chimico-fisico secondo la Termodinamica, dovremmo concludere che il sistema uomo-terra si sta chiudendo, ovvero che l’energia disponibile è sempre meno disponibile, mentre il suo spreco sta aumentando. Queste condizioni in un sistema termodinamico sono il presupposto proprio della sua “chiusura”, per la quale l’Entropia tende al massimo! Dunque, i meccanismi cognitivi dell’uomo gli si stanno ritorcendo contro. Tempo fa, due famosi scienziati, Maturana e Varela, hanno sviluppata l’idea che i processi cognitivi della mente umana sono a disposizione del processo fisiologico della “autopoiesi”, una sorta di meccanismo interno (forse codificata geneticamente) che ha lo scopo ultimo di auto-rigenerazione, auto-protezione e auto-conservazione. La situazione attuale sembra dimostrare che i processi cognitivi valgono sicuramente per il singolo individuo ma non quando questi non devono competere.

Le sue ricerche sembrano aprire nuovi orizzonti nella comprensione della coscienza. Come possiamo applicare queste scoperte nella nostra vita quotidiana e nella società in generale?

In breve, potremo descrivere i momenti significativi dello studio sulla natura ed il funzionamento della coscienza umana, ricostruendo temporalmente le tappe fondamentali delle neuroscienze ed in particolare della Psicologia Cognitiva:

  1. DAI PRIMI DEL ‘900 – Grazie alle illusioni psico-fisiche, l’idea di mondo che ci costruiamo è virtuale ma utile ai processi cognitivi e all’organizzazione della vita (“Autopoiesi”, Maturana & Varela).
  2. DAI PRIMI ANNI 2000 – Alcuni autori ritengono le illusioni della mente si siano evolute in modo Darwiniano per favorire i processi cognitivi; il meccanismo più noto è stato definito: “Fitness-batte-Verità” (Hoffman). Secondo questo modello, una visione incompleta e limitata del mondo esterno si giustifica purché sia sufficiente alla mente per elaborare strategie di adattamento (resilienza)
  3. DAL 2014 IN POI – Con la pubblicazione del “The Bignetti Model” si assiste ad una rivoluzione Copernicano nel mondo delle neuroscienze e in particolare della Psicologia Cognitiva. Si capovolge la prospettiva antropocentrica della mente cosciente (CM) umana al comando dell’Universo. Nel “The Bignetti Model” (TBM), La Natura, infatti, recupera la sua giusta centralità. La CM, considerata da sempre sede dello spirito (o dell’anima) perché parla, pensa, sogna, fa di conto ecc., viene degradata a semplice componente delle funzioni cognitive, ponendo la sua importanza al pari dell’altra funzione mentale inconscia (UM) che invece interagisce direttamente col mondo esterno attraverso il linguaggio della biochimica e della biofisica. La CM dunque si illude di gestire la realtà al presente; quando, al contrario, agisce sempre in ritardo. La sua è una consapevolezza non del presente ma del passato prossimo. Dunque, il mondo che conosciamo non è reale ma virtuale per due motivi: 1) perché giunge alla consapevolezza della CM attraverso le sensazioni e i feed-back imprecisi e limitati che provengono dalla UM, 2) perché, le percezioni sensoriali e le reazioni comportamentali sembrano appartenere al presente ma provengono dal passato prossimo, cioè dal lavoro compiuto dalla UM, poche centinaia di millisecondi prima. Con il modello “Bignetti”, sorge una domanda ovvia: “A cosa ci serve una consapevolezza che si illuda di vivere nel presente? Per dare questa risposta, ritorniamo a quanto abbiamo spiegato al punto n.5. La nostra vita è vissuta come in un gioco virtuale nel quale il giocatore (la CM) non guida le azioni dell’avatar (la UM) col quale si immedesima; infatti, le azioni dell’avatar giungono al giocatore in ritardo cosicché l’unica cosa che il giocatore può fare è imparare a correggere l’uso della consolle per le azioni future dell’avatar. Con il TBM spieghiamo come possano avvenire le azioni “cosiddette” volontarie senza un’anima e senza FW, cioè diamo una spiegazione alla funzione cognitiva della mente umana. Ma quando proviamo a definire oggettivamente e scientificamente cosa sia la mente cosciente, ovvero l’esperienza cosciente, ci si apre davanti a noi una voragine oscura; in filosofia della mente, questa viene definita: “The Hard Question of Consciousness”. E chi pretende di poter dare una risposta al dilemma, commette un grave errore dovuto ad un conflitto di interesse insormontabile; in quel momento, infatti, è la sua CM che pretende di spiegare sé stessa. Possiamo solo dire che il mistero irrisolvibile della coscienza non sta nelle rispettive funzioni di UM e CM ma nella capacità di dialogare tra loro traducendosi reciprocamente i loro linguaggi. E chiunque si chieda a parole come funzioni il meccanismo di traduzione, non si rende conto di essere con queste domande, già al di qua della barriera, e che non può rivolgere questa domanda all’altra parte. È come se l’occhio volesse vedere se stesso quando osserva il mondo esterno.

Grazie mille a Enrico Bignetti per la sua illuminante prospettiva sulla mente umana e il libero arbitrio. Il suo lavoro ci invita a riflettere sulle basi stesse della nostra esistenza e ci offre uno sguardo affascinante sulle intricanti connessioni tra la mente conscia e inconscia. Non vediamo l’ora di continuare questa esplorazione e di scoprire come le sue idee possano plasmare il nostro futuro. Continuate a seguirci per ulteriori approfondimenti su temi affascinanti come questo nel mondo delle neuroscienze e della ricerca scientifica!

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