Benvenuti al nostro blog! Oggi abbiamo il piacere di intervistare Aurora Gasparella, l’autrice del libro “Anatomia di un silenzio”. Siamo felicissimi di avere l’opportunità di scambiare qualche parola con lei e scoprire di più sulla sua vita, la sua ispirazione e il suo ultimo libro.
Qual è stata l’ispirazione principale per la creazione di questo libro di poesie così intenso e profondo?
Come per molti autori l’intenzione di scrivere il libro nasce dopo aver creato il testo al suo interno. Le poesie seguono un percorso travagliato tra gli angoli della mia storia e di quella degli altri. Un’ introspezione intima che si aggancia anche all’ascolto di una comunità vicina a me. Nel mio caso il tempo della scrittura si attiva nel momento del bisogno, nel dolore e nell’analisi. Al contrario nel tempo della gioia mi apro all’energia della gente e alla tranquillità di un’aria fresca. Per questo più che parlare di ispirazione parlerei di bisogno, quello che mi permetteva di alleggerire un qualcosa di imprecisamente pesante.
Il libro affronta temi molto intensi e intimi, come il dolore, l’amore, il sesso e la morte. Come ha gestito l’equilibrio tra l’emozione cruda e la necessità di mantenere una certa sensibilità per il lettore?
Quando scrivo, in realtà non tengo in considerazione questo equilibrio, poiché la mia poesia è principalmente frutto dell’intimità che in quanto tale difficilmente può essere cauta. “Anatomia di un silenzio” è stato un processo di tre anni in cui sono cambiate cose, oltre che persone ed emozioni. Scrivevo senza il pensiero di tutelare il percorso di una lettura che inizialmente era solo mia. Penso però, che sia stato il modo in cui ho utilizzato le parole a dettare questa situazione, rendendo più “accettabile” l’ascolto. Le immagini che proietto in continuazione sono quelle che nella realtà produceva la mia testa, confuse e con continui riferimenti carnali e di condizione umana.
Milano e i treni sembrano avere un ruolo importante nel suo processo creativo. Come hanno influenzato la sua scrittura e il suo rapporto con le parole?
Io sono nata e cresciuta in un paesino sperduto nelle verdi campagne venete, posto in cui ho ricevuto la mia educazione e i primi valori. La vita qui è amorevole e famigliare ma difficilmente conosce diversità. È tipico rivivere lo stesso momento ogni giorno, rischiando di chiuderti in un cerchio monotono e anestetizzante. Milano al contrario ti pone involontariamente a tenere un continuo cambiamento seguendo il suo ritmo. Il mio corpo si riabituava agli stimoli provenienti da ogni via della città che pronto a sopravvivere sceglieva quelli più adatti a me. Tutto questo, insieme allo studio presso un’accademia hanno fatto sì che la mia creatività si potesse allenare così come la scrittura. Il momento di stasi dalla frenesia lo ritrovavo nei viaggi di andata e ritorno. In treno mi fermavo, osservavo e poi scrivevo. Qui ho steso le ultime poesie, quelle di sconosciuti, quelle di coloro che non si conoscono ma che in silenzio ci raccontano storie.
Qual è il messaggio che desidera trasmettere ai suoi lettori?
Il pensiero che qualcuno possa aver letto il mio libro mi pone difronte a due sfere emotive contrastanti. Da una parte esiste la gratitudine e la felicità nei confronti di coloro che hanno investito tempo e denaro per leggermi. Dall’altra coesiste la paura di essermi esposta e di aver esposto esperienze di una certa intimità. Non mi sento nella posizione di augurare e nemmeno di lasciare un qualche tipo di messaggio o insegnamento di chissà quale importanza comunicativa. La conclusione è molto semplice ma allo stesso modo importante. Vorrei ringraziare coloro che hanno incontrato in qualche modo le parole di questo libro, rispettandolo per quello che è.
C’è una poesia in questo libro che la rappresenta maggiormente? Perché?
“Anatomia di un silenzio” è il frutto di un’introspezione che persiste nel tempo, per questo quasi l’intera raccolta è proiezione di un qualcosa al mio interno. Per rispondere alla domanda però vorrei parlare di me esponendo una poesia che porta la voce di un gruppo a cui appartengo. La poesia in questione si chiama “titoli di coda” ed è l’ultima della raccolta. Il testo parla della frustrazione e del vuoto che essa porta. Mette in luce quel futuro dubbioso di molti giovani a discapito di quello precedente dei loro educatori. Catapultati senza saperlo in una società che alle volte priva l’ossigeno.
Concludiamo questa intervista ringraziando Aurora Gasparella per il suo tempo e per aver condiviso con noi alcuni spunti interessanti sulla sua ultima opera “Anatomia di un silenzio”. Speriamo che i nostri lettori abbiano trovato utile questo scambio di idee e che decideranno di leggere il libro di cui abbiamo parlato oggi.
