GRUPPO ALBATROS IL FILO PRESENTA: Il giardino all’italiana – Fabrizio Voltolini

Benvenuti nel blog del Gruppo Albatros, dove oggi abbiamo il piacere di ospitare Fabrizio Voltolini, autore del romanzo “Il giardino all’italiana”. Un’opera di grande raffinatezza che ci trasporta nel piccolo mondo antico della provincia italiana post-bellica. Con una penna affilata e uno stile che richiama il fervore dannunziano, Voltolini ci presenta un racconto di aristocratica prosperità e sopravvivenza. Al centro della narrazione, spicca la figura del conte de’ Salimbeni, impegnato a difendere princìpi patriarcali e a gestire un’eredità dinastica in declino. La giovane Eleonora, con la sua caparbietà e forza morale, ci offre uno sguardo profondo e intimo su cosa realmente conti nella vita, attraverso l’incanto di un giardino che riflette la tensione umana e femminile. Fabrizio, grazie per essere qui con noi oggi. Iniziamo con le domande.

Il giardino all’italiana è ambientato nella provincia italiana post-bellica. Quali aspetti di quel periodo storico ti hanno ispirato di più nella stesura del romanzo?

Naturalmente l’ambientazione è pura invenzione letteraria, non riferibile pertanto ad un paese reale o ad una cittadina specifica. reale è invece lo spirito che doveva essere tipico di quel tempo, tempo che io personalmente non ho vissuto in prima persona per semplici questioni anagrafiche, ma che tuttavia ho “respirato” nelle testimonianze di genitori e nonni. Ricordo di aver tratto la sensazione che fosse un periodo di grandi contrasti, non solo residui di opposte visioni politiche, ma anche e soprattutto a causa di una nuova e diversa collocazione dei ruoli sociali: da una parte una vecchia nobiltà in declino che tentava di resistervi con ogni mezzo arroccata nei propri privilegi secolari, dall’altra una grande maggioranza di persone determinate a ricostruire e ad uscire da anni di lutti e distruzione. Direi che questo passaggio evolutivo da quella sorta di neo medioevo in cui le dittature avevano precipitato il paese a una nuova vita che non escludesse la speranza, sia stato il motivo del mio interesse al momento storico.

La figura del conte de’ Salimbeni è centrale nella tua opera. Come sei riuscito a delineare un personaggio così complesso e carico di contraddizioni?

Il de Salimbeni è certamente una figura complessa. Poiché da sempre credo che la realtà sia, rispetto alla fantasia, maggiormente ricca di spunti, non ho fatto altro che osservare e scandagliare l’animo di personaggi noti e meno noti, rubando loro quegli aspetti del carattere che bene si adattavano ad un personaggio ipocrita, prepotente e fortemente convinto della propria identità dominante. Direi che, seppur in modo abbozzato, avessi in mente l’idea del personaggio, questa andava dunque semplicemente sgrossata e levigata nei particolari, come fa uno scultore nel proprio lavoro. Credo che i punti cardine del carattere del conte siano sostanzialmente l’arroganza, la ferrea convinzione dell’intangibilità del proprio ruolo di maschio dominante e del proprio censo, figli legittimi di un’educazione ottocentesca officiata da una madre dispotica e intrigante.

Eleonora emerge come un simbolo di forza e ribellione in un mondo dominato da rigidi princìpi patriarcali. Puoi parlarci del suo percorso di crescita e di come hai sviluppato il suo personaggio?

Eleonora è diventata una donna stupenda. Una bimba che ha saputo leggere nella ferma dolcezza della madre Caterina le coordinate dell’ironia, della determinazione, della coscienza di sé e delle proprie capacità non riconducibili necessariamente a divenire una brava moglie e una buona madre come forse ancor oggi, in certe realtà sociali, si richiede alle figlie femmine. Inoltre, la convivenza con un fratellastro maschio su cui venivano inutilmente concentrate tutte le aspettative paterne, l’ha spronata a dimostrare il proprio valore, sacrificando anche gli affetti.

Il giardino nel tuo romanzo ha un significato simbolico molto forte. Come hai scelto questo elemento e quale ruolo gioca nella trama e nella vita dei tuoi personaggi?

Questa non è la storia del de Salimbeni, né di sua madre e tanto meno del suo inetto figlio, ma di Eleonora e del suo giardino dove tutto ha avuto inizio e lì avrà fine. Il giardino nella mente di ognuno è fortemente evocativo, ricorda l’infanzia, la meraviglia della natura che, ancorché addomesticata, esprime tutta la sua prepotente persuasione sulla nostra piccola statura di uomini. Il giardino è bellezza, serenità, nascondiglio, scrigno di avventure e di sogni, luogo dell’anima, di gioia o di infinite malinconie.

Il tuo stile è stato descritto come fervente e dannunziano. Ci sono autori o opere particolari che hanno influenzato la tua scrittura? E in che modo?

Niente di più vero! La questione del linguaggio emerge ad ogni presentazione di un mio romanzo, ormai sono dieci, e non ho cambiato idea. La risposta è sempre quella, sorridente ma sottilmente polemica. Credo che negli ultimi decenni la letteratura, drogata dal mercato, abbia conosciuto una deriva verso una sciatteria linguistica (anche musicale) vergognosa. Evito ci citare autori da centinaia di migliaia di copie per i quali l’uso del congiuntivo resta un optional e il turpiloquio un obbligo (per arrivare alla gente), per tacere di certo giornalismo militante. Sono da sempre convinto che la nostra lingua offra una tavolozza di colori e sfumature tali da poter descrivere luoghi e sentimenti come nessun’altra. Ero solo un ragazzino, ma ricordo con piacere gli articoli sul Corriere della sera di Nascimbeni, e poi molti degli autori italiani del primo Novecento. Lì mi sono formato, e a chi mi chiede di cedere alle lusinghe del mercato rispondo: scrivo quello che ho in pancia, con l’unico linguaggio che conosco.

Fabrizio, grazie per aver condiviso con noi il processo creativo e le ispirazioni dietro “Il giardino all’italiana”. Il tuo romanzo, con i suoi personaggi vividi e l’ambientazione evocativa, è sicuramente un contributo prezioso alla letteratura contemporanea. Invitiamo i nostri lettori a immergersi in questa affascinante storia di lotta, speranza e rinascita. Auguriamo a te e al tuo libro il successo che meritate. Grazie ancora per essere stato con noi.

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