GRUPPO ALBATROS IL FILO PRESENTA: Fuochi sull’acqua – Francesca Benvegnù

Benvenuti sul blog del Gruppo Albatros. Oggi abbiamo il piacere di ospitare Francesca Benvegnù, autrice del libro “Fuochi sull’acqua – Storie della Venezia minore”. In quest’opera, Francesca ci porta nella Venezia dei primi del Novecento, attraverso le vicende di Alma, una giovane cresciuta nell’isola di Pellestrina. Rimasta orfana di madre in tenera età, Alma viene allevata dal padre Memo, maestro vetraio socialista e credente, e da una comunità di figure amorevoli che contribuiscono alla sua crescita umana e intellettuale. Un ambiente ricco di stimoli e solidarietà, dove emergono storie di persone comuni che vivono vite straordinarie, spesso non raccontate nei libri di storia ma fondamentali per la nostra comprensione del passato e del presente. Francesca Benvegnù ci svela i retroscena di questa affascinante narrazione e l’importanza di dare voce alle vicende “minori” che formano l’ossatura della Storia.

Francesca, cosa ti ha ispirata a scrivere “Fuochi sull’acqua – Storie della Venezia minore”? Hai avuto una particolare esperienza o fonte storica che ti ha guidata?

Un autore scrittore sa che la sua opera gli cresce sotto gli occhi da sola, anche senza una architettura, come un bel palinsesto di obiettivi. Ciò è successo anche per FsA., scrivere all’impronta mi è naturale. È anche ovvio che alla base ci siano suggestioni e intenti che, nati e cresciuti nella nostra esperienza personale, possono esplodere, o anche implodere, in creazioni vere e proprie. Sono la base della, nobilmente definita, ispirazione, che personalmente riconosco di più alla poesia. Anche il racconto però ha un suo spazio, anzi molta letteratura dei romanzi o poemi è fiorita in classici di eterno valore (Omero, la divina Commedia, I promessi sposi tanto per citare i più famosi), che dovremmo rileggere ogni tanto, perché dentro c’è la parte migliore della Storia. Nel caso di FsA l’incipit è nato dall’incrocio fra un paesaggio -la melanconia riflessiva di un tramonto lagunare e isolano, dalle storie umane indimenticabili- e la curiosità sul biennio rosso (1919-1920). Biennio generatore dei conflitti ideologico-sociali del 900, noto come “il secolo breve”, perché ha bruciato in due guerre mondiali e in grandi conquiste in altri campi le energie di più generazioni. Nel raccontare si è srotolata agilmente la teoria di storie che avevo raccolto di prima mano. La loro risonanza sentimentale ed esemplarità si è inserita senza alcuno sforzo, se non di renderle al meglio, perché era in agguato l’intento formativo, materno ci tengo a dire perché di professionale ha solo una pallida espressione sanitaria. Una deformazione culturale croce e delizia della mia autostima, perché è un difetto o vizio che la mia famiglia mi rimprovera spesso, con sorridente ironia. Si mischiano quindi motivi e coloriture che dovrebbero essere almeno una bozza, deficitaria ma incolpevole, di un testamento morale, cioè di quel che ho raggiunto fino a qui in sapere personale, intorno alla vita individuale e collettiva. Fonti storiche? Nella breve bibliografia letteraria ma anche storiografica c’è a sufficienza per capire dove ho attinto per corroborare il mio racconto. Né storiografia, né saggio, romanzo formativo forse, un affresco al più, per lo scopo di interessare i giovani alla storia di nonni e avi. Perché noi si è, si è stati e si sarà la loro continuazione, speriamo con la barra dritta sul possiamo migliorare… So che alcuni amici o lettori di varie età, per lo più maschi, hanno apprezzato il risultato. Bene, saranno sostenitori della causa delle donne e dei bambini, saranno una risorsa per migliorare il mondo: come Alma, Benedetta, Marco, Memo e tutti gli altri “Cuori sull’acqua”, che era il titolo preliminare.

Il personaggio di Alma è circondato da una comunità variegata di “genitori putativi”. Come hai sviluppato questi personaggi e cosa rappresentano per te nella storia?

Rappresentano la varietà di adulti significativi che possono assistere, con testimonianze di parola e azione, l’educazione e la crescita della persona dall’età evolutiva. Vanno dai genitori agli insegnanti, ma anche animatori di gruppi e pensatori occasionali della vita sociale di ciascuno: incontri che possono segnare le coscienze fino a condizionarne alcune direzioni, e non ultimi i tutor o maestri nel mondo lavorativo-professionale. È stato far risaltare che una società educante esiste, nostro malgrado e talvolta senza che gli stessi attori, tranne gli insegnanti, ma talvolta alcune famiglie, ne siano consapevoli. Il mio obiettivo è diventato esemplificare come uno spirito libero e solidale si costruisce anche senza forti spinte genetiche, pur indispensabili. Possiamo pensare che in ciascuno le qualità, di ogni tipo, siano una tastiera in cui non tutti i tasti sono precisamente accordati al suono migliore della nota. Stonature che possono essere attenuate da un’opera paziente di rimodellamento, ma anche compensate da altre, buone o virtuose o vantaggiose, che ne attenuino il “disturbo” sociale, fonte diretta di vero malessere per la persona e della sua emarginazione, così negativa nell’età evolutiva: quando l’imprinting anche sentimentale gioca un ruolo determinante per la futura autonomia e responsabilità.

Il libro tocca temi di solidarietà e giustizia sociale. Quanto pensi che queste tematiche siano rilevanti per i lettori di oggi?

Rilevanti come in ogni epoca lo è stato il conflitto fra potere e libertà, fra classi sociali o fra ricchi e poveri, e quanto ne discende. Come da quando si è insediato l’uso della parola -e delle sue espressioni grafiche, gli alfabeti- che ha facilitato le “transazioni” economico-sociali. Attualmente quei contatti-conflitti di natura collettiva (in famiglia, clan, e società organizzate nelle città e in stati) sono complicati dalle complessità raggiunte, diverse e interagenti, a causa dell’epoca digitale e dell’alta tecnologia. Basterebbe vedere come hanno complicato l’inizio e il fine vita, e le aspirazioni umane di conquista di domini sconosciuti, come l’universo astronomico. Tutte dinamiche in grado di potenziare spinte imperialistiche sul Pianeta o sue parti. Solidarietà e giustizia sono rilevantissime per i lettori – già leggere è un impegno serio e produttivo – anche se in genere ora le vediamo qualità sottotraccia o anestetizzate dal mercantilismo del consumo coatto. Se ne salvano meglio le generazioni più giovani, dove si vede una minoranza che ha lo sguardo lungo al futuro, che è immanente non solo imminente. È alle ultime generazioni che si rivolge il mio intento, non educativo, che sarebbe immodestia da parte mia, bensì materno. Anche per dire che, se si occupano di giustizia e solidarietà sono a metà dell’opera, il resto possono farlo competenze e autocritica, possibilmente sostenuti dall’amore gratuito per Sapiens, che ne ha tanto bisogno.

La Venezia descritta nel tuo libro è molto diversa da quella turistica che tutti conosciamo. Come hai ricostruito l’atmosfera della Venezia del primo Novecento?

Con la forza delle narrazioni ricevute, ascoltate con empatia ma anche visione analitica, e con l’immaginazione sentimentale. Poco è cambiato nei sentimenti del genere umano, da quando c’è l’uso della parola. Una poesia di Catullo o di Saffo potrebbe essere contrabbandata per propria dal più malizioso degli innamorati verso un partner poco letterato. Venezia poi ha atmosfere predisposte a questo transfert, al punto che in certi ambienti, San Servolo? si ha l’impressione di presenze che sono lì a riscuotere la comprensione e la fratellanza che non hanno avuto in vita.

C’è un messaggio particolare che speri i lettori portino con sé dopo aver letto “Fuochi sull’acqua”?

Che la vita ha senso se vogliamo darglielo, anche per chi non sia in grado di farlo con le sue sole forze. A prescindere da religione e ideologie, che peraltro hanno sempre esercitato un grande ruolo nella storia, anche benefico. Non a tutti è concessa la vera fede o una passione vivificante, ma credere che esista in ogni caso un trascendente che non possiamo razionalizzare, può essere uno stato di ricerca molto fruttuoso, che anima una vita.

Grazie mille, Francesca, per aver condiviso con noi i dettagli e le ispirazioni dietro “Fuochi sull’acqua – Storie della Venezia minore”. La tua capacità di dare vita a storie “minori” e di intrecciarle con temi universali di umanità e giustizia è davvero stimolante. Invitiamo tutti i nostri lettori a immergersi nelle pagine di questo libro e a scoprire le straordinarie vite delle persone comuni della Venezia di un tempo. Continuate a seguirci sul blog del Gruppo Albatros per altre interviste e approfondimenti letterari.

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